APOCALISSE Z: I GIORNI OSCURI – Manel Loureiro
Un elicottero in volo verso una meta tanto distante quanto agognata, uno stormo di zombie che osserva i mezzi ed i suoi passeggeri con vene bluastre rigonfie in volto, il destino di quattro persone appeso ad un filo impalpabile, un mondo che continua la sua discesa nei giorni oscuri.
Secondo capitolo per l’Apocalisse Z dell’avvocato alter ego dello scrittore Manel Loureiro. Il volume inizia esattamente dove era terminato il precedente, con la fuga del gruppo (che qui non riveliamo, eccezion fatta per l’ovvio protagonista, per evitare spoiler) verso un lido apparentemente sicuro, quella Tenerife così rifrangente speranza così buco nero, specialmente dopo aver assistito allo sfacelo di tutta la Terra invasa dai morti viventi. L’esperienza sulle spalle del gruppo ha spazzato via ogni forma di idilliaca fantasticheria, prediligendo il buon senso con un pizzico di ottimismo, quel minimo in grado di spingere il corpo e non lasciar crollare la mente.
Ancora una volta, in Apocalisse Z: i giorni oscuri, la fragilità dell’animo umano diviene snodo basilare attraverso cui presentare l’evoluzione/involuzione dei protagonisti e di chi li circonda, schiacciati da un’orda di zombie così come di rimorsi, paure, desensibilizzazioni, che mettono a durissima prova i loro cuori. Loureiro tinteggia la decadenza del mondo tramite la caduta dei più semplici valori universali, il prosieguo verso l’oscurantismo con anfratti bui e isolati dove il minimo sospiro rischia di divenire portatore di morte. Stavolta, a differenza del precedente, divide il gruppo tra chi resta sull’isola della salvezza (?) e chi si ritrova nuovamente sulla terraferma per una missione ai limiti dell’harakiri; incrociando i capitoli per narrare entrambi gli sviluppi inevitabilmente collimanti nel drammatico e liberatorio finale.
Se la parte dedicata all’avvocato e al compagno risulta frenetica, corrosiva ed estremamente coinvolgente (sia stilisticamente che come scorrevolezza delle righe), quella ambientata sull’isola scricchiola dietro trovate farraginose, poco credibili, palesemente congegnate ad hoc per trascinare i protagonisti verso il twist finale. Ed è uno scivolone non da poco perché, in una situazione come questa dove lo scrittore deve comunque instillare la paura verso la possibilità di una situazione simile, ricamare caratteri e situazioni ai limiti del credibile (anche all’interno della fiction) percuote l’intera intelaiatura. Peccato dato che il tasso di adrenalina dell’assalto al Punto Sicuro caduto in rovina, la corsa a perdifiato verso l’aereo ed i voltafaccia rendono eccellente il dipanarsi della parte più corposa degli eventi. Transitorio ma avvolgente.