AFTER EARTH – M. Night Shyamalan
Kitai (Jaden Smith) è un ragazzino, destabilizzato dalla morte della sorella per mano dei letali Ursas, esseri ciechi utilizzati dagli alieni per eliminare l’umanità, già insediatasi presso il pianeta Nova Prime a causa di eventi cataclismatici che hanno devastato la Terra. Il ragazzino tenta di trovare nell’emulazione delle gesta del padre un modo per cancellare dalla memoria l’impotenza di fronte alla morte.
In seguito ad una apparentemente semplice missione, il leggendario Ranger Cypher (Will Smith), padre di Kitai, e il figlio, si ritrovano nuovamente sul pianeta Terra, ormai abbandonato da centinaia di anni. Il pianeta è assolutamente inospitale e una ferita alle gambe di Cypher porterà Kitai a sfidare se stesso … e il terribile Ursa approdato con loro.
Un percorso sabbatico nella conoscenza del proprio io, della propria debolezza attraverso paure ancestrali e presenti, un difficile rapporto padre/figlio che sembra sempre e comunque dominato da una ottusa gerarchia (familiare), sono i temi affrontati da After Earth. La cornice mainstream spruzza di sano buonismo ogni spunto interessante della trama, relegando dietro il sipario della spettacolarizzazione ogni buona intenzione e sotterrando lo spettatore (specialmente se giovane) dentro una coltre di effetti speciali che ne distolgono l’attenzione.
M. Night Shyamalan appare sempre di più come un vassallo asservito alla commissione hollywoodiana, incapace di esprimersi se non in sporadici guizzi, comune mestierante il cui nome è glorificato solo e soltanto grazie al passato (leggasi Il sesto senso e Unbreakable). La deriva creativa del regista indiano non fa che sporcare anche buone idee (The village o Lady in the water sceneggiati dallo stesso), divenendo pura macchina asettica e dissociata se al servizio, come in questo caso, di altri sceneggiatori.
After Earth non convince né come sci-fi né come action, risultando interessante per un pubblico di giovanissimi empaticamente vicini al figlio di Will Smith, Kitai, qui abbastanza monoespressivo. Fortemente voluto da Will Smith stesso, idealmente primo di una trilogia, sostanzialmente inutile.