ADAM CHAPLIN – Emanuele De Santi
Nello scenario di Heaven valley, a differenza del nome idilliaco, violenza, degrado e corruzione sono all’ordine del giorno, un trittico nauseante dove si nasconde un uomo, Adam Chaplin, una sorta di Kenshiro in chiave moderna, alla ricerca di un malavitoso colpevole di avergli ucciso la donna. Inutile dirlo, la ricerca dell’assassino non è diretta, ma costellata da una serie di scontri con chi lo fiancheggia: dai (cattivissimi) tirapiedi alle orde di poliziotti corrotti.
Adam riesce a fare terra bruciata lungo il cammino, il segreto della sua immane forza è legato alla presenza di un demone che si cela nella sua schiena (avete letto bene … nella sua schiena). Inutile dire che durante il percorso il nostro eroe non lesina spargimenti di sangue dalle immani proporzioni, massacra chiunque si mette sulla sua strada e non si placa sino allo scontro finale con il malvivente affiancato dai sempre presenti scagnozzi (che immancabilmente aumentano il body count).
Adam Chaplin è un tripudio gore che lascia inalare aria completamente nuova nel panorama italiano; a metà tra videogioco e film post-atomico, il film mescola sapientemente generi come l’horror, il gore e l’action ad altri come il fantasy o, addirittura, il noir. Non mancano innumerevoli ammiccamenti o veri e propri omaggi a classici dell’horror di serie A, come di serie Z, senza lesinare citazioni a videogame survival-horror di ultima generazione.
Non si capisce pienamente se volontariamente o meno, ma il buon Emanuele De Santi ci delizia con un fuoco d’artificio (rosso) di omaggi che scavano tra i frame di veri e propri cult come The story of Ricky, Violent shit o Basket Case, passando per il fumetto di Ken il guerriero e non celando movimenti di camera (e di editing) cari alle produzioni di Yoshihiro Nishimura (Tokyo gore police per citarne uno). Unico punto debole della pellicola è naturalmente la trama, poco lineare e confusa nell’incedere, tuttavia, in casi come questo, non è sicuramente il soggetto la punta di diamante.
Peccato che, come sempre in Italia, film come Adam Chaplin non sono adeguatamente pubblicizzati nemmeno a livello underground, rischiando di vedersi sommergere da una serie di altre produzioni, anche dello stesso genere horror, gettate nel mucchio senza avere neanche lontanamente il fascino del film di De Santi. Ottimo nel suo (sotto)genere.