EL ANIM ID A SANTA – Vincenzo Bellini
Una setta satanica che si nasconde dietro lo pseudonimo di “El anim id a Santa”, sta organizzando un rito satanico. Perché questo rito vada a buon fine è necessario sacrificare una ragazza vergine e dai capelli rossi. Iris, membro della setta, ha un’amica con queste caratteristiche (Sofia), una ragazza di origini Irlandesi che vive a S. Gimignano e lavora con Toscanini, noto musicista che sta lavorando ad un pezzo musicale commissionatogli proprio dalla organizzazione “El anim id a Santa”. Il sacrificio di Sofia scatena una serie di eventi in cui pentimento, sete di potere, arrivismo e scoperte, portano i vari personaggi verso una tragica fine.
El Anim id a Santa è un mediometraggio difficilmente digeribile. Quasi quaranta minuti lunghi lunghi di capitolazioni e rotolamenti e senza nessuna speranza di risalita. Vincenzo Bellini non è alla sua opera prima, ma sbaglia sicuramente nel dosare gli ingredienti, sia narrativi che tecnici. Il film va avanti arrancando, tra una recitazione che ha dei picchi di grossolana amatorialità e un uso di personaggi stereotipati da film di natale (il politico da osteria, il suo braccio destro muto, la giovane amante che gli dà anche del “mandrillone mio!”, “l’artista” – una sorta di Eduardo De Filippo chitarrista e così via).
Tralascio la parte tecnica, sottolineando in questo campo un uso fastidioso della camera a mano, e mi soffermo sui problemi di digeribilità della storia. La sceneggiatura scritta a otto mani da Giovanni Toccafondi, Paolo Bellini, Anna Peri e Irene Bellini, fa acqua da tutte le parti. I problemi fondamentali sono la smodata lunghezza di quasi tutte le scene, che si dilatano in discussioni che si sarebbero potute sintetizzare almeno della metà e in giochi di sguardi che, più che aumentare la suspense, creano momenti di imbarazzante attesa nello spettatore.
L’apice di questi lunghi dialoghi immotivati si ha nella scena in cui, Vincenzo Bellini (regista e protagonista), nei panni del musicista Toscanini, si reca dal malvagio politico, pieno di sospetti (per la scomparsa di Sofia) e di rancore (chissà perché). Tra il politico e il musicista si apre una spiacevole discussione nella quale i due personaggi pronunciano un centinaio di volte (parlando dello stesso Toscanini) la parola “artista”. Una parola che di per sè dovrebbe essere dichiarata fuori legge, ma che usata con questa faciloneria e ridondanza mette quasi tristezza.
Nel finale, poi, la storia si fa molto più affrettata, e inizia a intersecare spirali narrative di cui si sarebbe fatto a meno: all’interno della Setta qualcuno prende il posto del sommo sacerdote e inizia ad uccidere tutti i “fratelli”, per arrivare ad essere il primo tra i figli del diavolo; così facendo dimentichiamo la giovane Sofia (tra l’altro figlia segreta del politicone unto).
Capisco che il fine ultimo del Bellini era quello di costruire una ruspante vicenda da delitto in paese, ma il tutto dà l’impressione di essere troppo improvvisato. Piuttosto che barcamenarsi in una visibilissima apnea creativa per arrivare ad avere un film di lunga durata, consiglio di provare a lavorare su un arco narrativo più corto ma più incisivo e ben lavorato.
VOTO: 3.5/10
Regia: Vincenzo Bellini
Sceneggiatura: Giovanni Toccafondi, Paolo Bellini, Anna Peri, Irene Bellini
Costumi: Anna Peri
Luci: Vito Accado, Paolo Bellini
Consulente Psicologico: Giovanni Toccafondi
Musica: Vincenzo Bellini
Attori: Vincenzo Bellini, Giovanni Toccafondi, Paolo Bellini, Anna Peri, Irene Peri, Daniela Peri, Maria Teresa La Marca, Dario Bellini, Paolo Pinzauti, Ivano Peri, Vito Martini