DOCTOR SLEEP – Stephen King
Un uomo e la sua bottiglia. Un residuo di umanità ed un fardello da trascinare lungo i bar disseminati per l’America. Dan Torrance ha molto da dimenticare, un passato che lo ha visto lottare contro demoni non suoi, ma Dan ha anche molto da voler evitare nel presente: incubi ricorrenti come spirali che inghiottono cumuli di morte, evocati nel piano del reale tramite un potere, la luccicanza (shining).
Un ritorno in lande così tanto adorate, un passaggio ulteriore all’interno della psiche di personaggi il cui passato e il cui futuro sono stati immaginati, costruiti e lasciati a maturare nelle pieghe della nostra mente per lunghi anni. Dare un seguito a Shining, o meglio alla vita del piccolo Doc, non può che suonare come eresia. Superato questo scoglio naturale si può sia lanciarsi nella lettura del suo seguito sia nell’analisi dello stesso con un minimo di distacco necessario, scoprendone la vera essenza: una storia adatta a lettori di (quasi) tutte le età che sarebbe potuta nascere dalla penna di (quasi) qualsiasi scrittore.
Doctor Sleep subisce un abisso tra il primo quarto del libro ed il resto, un’esaltante discesa nella vita devastata del povero Dan, un bambino che aveva imparato a rinchiudere dentro cassette di sicurezza della mente le proprie vivide (e tangibili) paure, e che si trova adesso a dover bere, bere e ancora bere per tentare di scacciarli via. Un continuo di immagini orrende che si susseguono nella sua mente, specialmente di notte quando si trova a mostrare i fianchi di fronte alla furia degli spiriti. Quale migliore condizione fisica, se non quella inebriata dall’alcol, per non lottare contro questo male ma schivarlo? Bottiglie su bottiglie che iniettano amarezza nell’anima, sporcandola per sempre.
La piccola Abra, sorta di immane contenitore di luccicanza, è un personaggio interessante ma incompleto, giovane ma al contempo adulto. Un carattere che avrebbe necessitato di approfondimento. Mentre proprio i “cattivi” di turno, il Vero Nodo, sorta di combriccola dedita alla ricerca di giovani vittime dove la luccicanza scintilla almeno un minimo, manca di incisività, non riesce mai ad essere il treno (o meglio il camper) di terrore capace di deragliare oltre lo spirito del lettore, lasciandolo attonito nell’orrore, come altri boogeyman hanno già fatto nel passato (Randall Flag su tutti). La tensione latita, l’evoluzione dei personaggi si arresta alla prima sezione, lo scontro finale privo di mordente, sangue e crescendo, non aiuta a coronare le cinquecento pagine che compongono Doctor Sleep, lasciando pensare al romanzo come scritto per motivi alimentari. Peccato che, dato l’illustre predecessore, il piatto (di shining) risulta indigesto.