DARIO MARIA GULLI – Intervista
Dal 3 al 5 Giugno 2011 Orvieto diverrà per la seconda volta roccaforte di tutti gli appassionati di cinema, in particolar modo fantastico e orrorifico, grazie alla seconda edizione del Fantasy Horror Award. Per l’occasione abbiamo intervistato il direttore artistico Dario Maria Gulli, vera e propria mente celata dietro questo e altri progetti.
La nuova edizione del Fantasy Horror Award è alle porte, quali sono le tue aspettative per questa edizione?
La prima è cercare di portare il FHA ad un livello internazionale e farlo diventare una gara vera e propria, qualcosa di importante non solo per i fans, ma anche per gli artisti e i producer. Il fatto che Anna Torv, Bill Mooseley, Tim Sullivan, Stuart Gordon (per citarne solo alcuni) abbiano deciso di esserci mi lascia ben sperare.
Su quali punti hai mirato per limare quelli che reputi i punti deboli della precedente edizione?
Innanzitutto era fondamentale strutturare il modo in cui vengono giudicati i vincitori e creare una gara fra i film in concorso. Abbiamo tantissimi film in gara e moltissime anteprime e questo è frutto di una selezione, perché sono stati tantissimi i registi che si sono fatti avanti. Ci dispiace solo che Orvieto non abbia un cinema 3D perchè avremmo proiettato molti film in più (compreso Amphibius di Brian Yuzna), per fortuna Orvieto ha tantissime altre belle qualità che suppliscono a questo problema.
Parlaci degli ospiti nazionali e internazionali che parteciperanno quest’anno. Quali sono stati i criteri di scelta?
La scelta dipende da mille fattori. Un motivo può essere la fama del personaggio, un altro le qualità delle sue proposte e se ha un film in uscita e la terza il rapporto umano che ho con loro. Spesso mi è più facile motivare chi ha un rapporto di simpatia o amicizia con me o con le società con le quali collaboro. Ovviamente, poi ci sono altri fattori, come spinte dei distributori, tv, ecc. ma è anche naturale in un festival.
Qual è il feedback percepito a livello nazionale e internazionale sia in termini di bilanci con l’edizione del 2010 che di eco con l’edizione 2011?
Quest’anno si sono accreditati oltre 50 giornalisti nazionali e internazionali. L’anno precedente, neanche la metà e sono per lo più testate importanti e non sempre del settore, ma anche più generaliste. Questo è buon segno.
Cosa è stato elogiato e cosa criticato maggiormente durante la precedente edizione?
L’anno scorso era una versione test realizzata con un’associazione culturale, si è fatto il massimo con poco. Ovviamente gli errori sono stati mille ma abbiamo fatto tesoro di certi sbagli. Abbiamo lavorato sulle anteprime (ce ne saranno molte), sugli ospiti, realizzato un concorso per scrittori non a pagamento (per evitare polemiche e ricami senza molto senso) e ci siamo appoggiati ad un gruppo molto più forte e importante di quello dell’anno precedente (parlo di Funfactory e NBC Universal). Poi anche quest’anno ci sarà da ridire perché alcuni ospiti non verranno all’ultimo minuto e altri se ne aggiungeranno. Ma questo è naturale, perché ne abbiamo decine e perché sono talent che lavorano molto …
Questo è un award gratuito, fatto senza chissà quale tornaconto, se non quello promozionale e culturale. Gli sforzi sono tanti ed è impossibile accontentare tutti. Ovviamente, noi stiamo facendo il possibile e vedrete un award più internazionale, meglio organizzato, ma non sarà perfetto, come non lo è nessun festival. Sappiamo che qualche detrattore avrà anche quest’anno da ridire ma è logico, fa parte della democrazia. Noi siamo certi che abbiamo creato un bel gruppo e stiamo mettendo su un bell’award … poi, ci vuole sempre un po’ di fortuna. Personalmente il complimento più grande è arrivato da Mick Garris che nel suo blog ha considerato il FHA come uno dei più bei festival in cui era stato. Molti complimenti sono arrivati dalle principali emittenti tv. Per circa un anno abbiamo ricevuto molte email da decine di appassionati che ci hanno raccontato di quanto avevano amato l’esperienza dell’award. Ma quello che mi fa più piacere è aver visto accreditarsi, per questo secondo anno, anche chi aveva criticato alcune nostre scelte. Ciò vuol dire che c’è sempre una ragione per apprezzare il FHA e questo ci fa felici.
Qual è la forza che ti spinge a muoverti lungo così tante direttrici nell’ambito horror e fantastico italiano? L’impegno sia in ambito cinematografico (“La cena Informale”, “Tip & Dooley”) che a livello di comics (“Walter Buio”, “Factor V”) o di libri (“Scrivere horror. Come costruire una sceneggiatura perfetta”) è lodevole.
Non riesco a stare lontano dal fantastico. Mi piace viverlo nelle sue mille espressioni e ho la fortuna che qualcuno mi paghi per farlo. Quando posso lo faccio in tv, altre al cinema e altre ancora con il fumetto o i magazine. Sono contento di poterlo fare e sicuramente è la passione che mi spinge ad andare avanti, perché le difficoltà sono enormi e non sempre i risultati arrivano immediatamente. Ma è sempre un mondo che adoro.
Cosa ti affascina del panorama italiano e quali sono gli aspetti che ti lasciano interdetto?
Mi affascina la creatività delle persone che combattono contro il mostro del low-budget. Mi intristisce vedere un far west fra registi, operatori del settore, ecc. Come se l’arte fosse un terreno troppo piccolo per tutti.
Come sei riuscito a domare Ari Lehman durante il Fantasy Horror Award 2011?
Non l’ho domato, era impossibile tentare di farlo! Quando ho capito che era impossibile fare le prove teatrali con lui, mi sono affidato al “momento”. Per fortuna è andata bene, anche perché poi Ari, quando era il suo turno, ha dato il meglio di sé, è una bella persona con un carattere trascinante.
Quali sono i consigli che daresti a un regista indipendente che vuole cercare di sollevare la testa dall’underground?
Di divertirsi e non lasciarsi troppo influenzare dal mondo circostante e dalle prime critiche. Ovviamente, se non vuole rimanere sempre nell’ombra, deve costruire una narrazione che arrivi a tutti, senza paura di essere troppo “facile”. A volte, essere “facili” vuol dire arrivare a quanta più gente. In Italia abbiamo paura del plauso, invece toccare le corde di quante più persone credo che sia il primo passo per crescere come artista e diventare un professionista pagato.