COME BLEDA – Giovanni Gionata Paudice
Fabio e Ambra sono una coppia. Lei lo accusa di non voler instaurare il rapporto su un binario solido e lineare, lui di inventarsi sempre una scusa per schivarlo nella carnalità del rapporto. Fabio e Silvia sono anche loro una coppia, lei incinta di lui di due mesi e mezzo, lui apparentemente annoiato dalla vita nonostante l’imminente nascituro. Fabio è il medesimo uomo. Un uomo con due donne, un uomo con i suoi segreti, un uomo destinato a perdere tutto per uno scherzo del destino e per una pessima gestione della propria vita.
Giovanni Gionata Paudice dopo Il secondo passo e Sotto un’altra pelle, continua a narrare sprazzi di vita quotidiana, frammenti sfuggenti e dolorosi che sembrano strappati dalla colonna di seconda pagina di un giornale locale. E come tali, nel breve minutaggio (circa ventitré minuti), non riescono né vogliono approfondire il background dei protagonisti, farceli conoscere, bensì strapparli dalla loro quotidianità e relegarli ad un momento di luce (e di ombra). Questo è, al contempo, massimo pregio e difetto dei lavori di Paudice: se da un lato è scostato un sipario sul mondo, dall’altro la vista può risultare troppo fugace per coglierne i contorni.
Il contenitore del quasi mediometraggio ben si sposa con Come Bleda, per cui fa bene il regista a contenere i suoi sforzi in questo perimetro. I punti assolutamente da smarcare sono legati ad errori tecnici sia di inquadratura, evitando primi piani dove non necessari, muovendo la telecamera su carrelli per infondere movimento, inserendo panoramiche per contestualizzare l’azione, sia di audio, mixando adeguatamente i volumi delle voci, dosando meglio la musica e innestando suoni/rumori dell’ambiente più incisivi.
Bleda, fratello di Attila, vissuto nel quarto secolo dopo Cristo è il nome citato nel titolo del lavoro di Paudice. Un nome destinato ad una sorte avversa, come un monito che riecheggia e perdura nella storia di Fabio, fino a segnarne il beffardo destino.
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