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CLAUDIO CENTIMERI – Intervista

Written by Giulio De Gaetano

BLOODY MARY CHRISTMAS è l’ultimo lavoro diretto da Claudio Centimeri, autore a tutto tondo capace di virare dalla freschezza comica di un format come Chiambretti Night all’horror pervaso da humor nero di BMS. Con una tale esperienza alle spalle non possiamo che aspettarci ulteriori sorprese (tra le quali la selezione al Boston Underground Film Fest), cerchiamo di intravedere quali tramite le parole del regista.

GIULIO DE GAETANO: partiamo dalla fine: BLOODY MARY CHRISTMAS. Guardando il corto non possono che risaltare le molte influenze fumettistiche, dalla trama all’uso delle luci, dallo stile di recitazione alla scelta di determinati colori, è una precisa scelta dettata dal tuo background artistico?
Sì, io nasco come illustratore/fumettista e non riesco a staccarmi da quel tipo di immagine. L’immagine patinata, contrastata e satura fa parte della mia idea di cinema. Non amo raccontare storie di quotidianità e preferisco spaziare con la fantasia in racconti molto più vicini alle storie a fumetti che non hai romanzi. In fondo nella realtà ci siamo immersi 24 ore su 24, no?

GDG: immagino che fossi un accanito lettore dei racconti di Zio Tibia (il buon vecchio Uncle Creepy). Quali sono i comic book che ti hanno rovinato la giovinezza??
In realtà sono stato un lettore di tutto il fumetto d’autore che ha spopolato negli anni ’80 con riviste come Metal Hurlànt, Totem, L’Eternauta, Orient Express. Riviste che hanno ospitato i più grandi fumettisti del mondo, con tratti e storie molto caratterizzate. Ho sempre amato gli autori sudamericani: Gimenez, Altuna, Sampayo.. Erano, per intenderci, “fumetti no-global”, ben lontani dall’attuale uniformità che ha invaso anche le strip disegnate. Infatti ora i fumetti si suddividono principalmente in “manga” e “americani”. Naturalmente ho letto anche Zio Tibia e ho visto nascere Dylan Dog, che apprezzo particolarmente.

GDG: quali processi (mentali, economici e fisici) ti hanno portato a dirigere un corto come BLOODY MARY CHRISTMAS, utilizzando un volto noto della tv ma sconosciuto del cinema come Davide Flauto? Puoi parlarci anche del budget?
Nonostante il mio aspetto pacato, sono uno squilibrato. Come tutti i serial killer: sono persone un po’ enigmatiche che non danno segni di squilibrio, ma ci vuole niente perché finiscano sui giornali. Io spero di non arrivare a tanto, anche se mia moglie un po’ mi teme. È quindi è difficile spiegare i processi mentali che mi portano all’ideazione di un corto. Parto senz’altro da un’idea di massima che il più delle volte parte da un personaggio, che è sempre border line, per svilupparci attorno tutta una storia.

Adoro raccontare storie di adolescenti ed è difficilissimo trovare attori giovani e bravi. In più ho l’aggravante che cerco sempre visi angelici e fisici esili. Ormai i ragazzi di diciott’anni sembrano tutti Swarzenegger e la ricerca è sempre difficile. Quando ho visto Davide ad Amici ho detto: “Lui! È lui, lo voglio!” (come fosse un giocattolo). Era il viso angelico pronto per essere macchiato di sangue. Semplicemente il mio sogno di regista malato. Qualche mese dopo l’ho contattato e ad accettato la proposta. Abbiamo lavorato molto bene insieme, l’intesa è stata forte, anche se alla prima esperienza è incredibilmente ricettivo. Assieme a lui, ho lavorato con altri attori, bravissimi, come Nicola Stravalaci e Debora Zuin che, assieme alle future promesse del teatro Silvia Altrui e Riccardo Buffonini, hanno caratterizzato molto la scena.

I corti sono stati sempre autoprodotti grazie all’aiuto di tanti amici professionisti che credono nei miei progetti, e mi seguono nei miei deliri filmici. Il budget per tanto è stato abbastanza contenuto. Canon Italia ci ha dato la camera e le ottiche, ed abbiamo girato negli studi TV di un amico. La fotografia è stata curata da Teo Youssoufian, le scene da Cathrin Grimmer e la musica da Stefano Raimondi.

GDG: immagino abbia già visto i vari SILENT NIGHT, DEADLY NIGHT o BLACK CHRISTMAS, ma dall’humor che pervade il tuo lavoro immagino ti sia goduto anche il cinicamente geniale BABBO BASTARDO
Babbo Bastardo
è un film che, quando è uscito, ha incarnato un’idea latente che avevo già da tempo. L’idea principale del corto però è quella della rivincita di un ragazzino nei confronti di tutto e tutti. Per il suo fine utilizza il personaggio più buono e magico per i bambini, Babbo Natale. Ma lo rivisita secondo la sua fantasia e il suo mondo, facendosi “consegnare” il regalo più bello: l’infanzia perduta.

GDG: spulciando nella tua biografia ho visto che hai anche girato documentari, specialmente in Asia, come combacia questo tipo di esperienza seriosa con la sfrontatezza caricaturale che appare anche negli spezzoni ironici da te girati, per esempio per X Factor?
Sono sempre stato attento al “sociale”, e ho fatto il volontario in diverse associazioni. L’esperienza più toccante è stata una serie di documentari girati sulle navi ospedale di Dominique Lapierre nel delta del Gange. Di giorno i medici visitavano i lebbrosi sulle assi sulle quali dormivamo di notte, mangiavamo nei piatti lavati nel Gange e, non abbiamo contratto nessuna malattia! La forza dell’esperienza era talmente grande che ci ha reso immuni da tutti i batteri. Esperienze di questo tipo fanno veramente capire il valore della vita. Tutti elementi che messi assieme mi permettono di scherzarci su, con tutto il cinismo che mi contraddistingue. Queste esperienze sono stati ingredienti che ho miscelato nel tempo per arrivare a battute e situazioni al limite del concetto di vita vero e proprio.

GDG: immagino che anche nella vita privata non sia difficile incontrare un Claudio Centimeri ambivalente, capace di essere ironico e pungente …
Beh, come un vero serial killer, non sono un gran animale sociale. Lo sono stato, ma una serie di situazioni mi hanno chiuso parecchio verso gli altri o chi conosco poco. Ti dico solo che al liceo salivo in piedi in cattedra e tenevo degli show che i prof ancora ricordano. Ora riesco ad essere estroverso con le persone che conosco bene e delle quali ho fiducia. Si cambia.

GDG: lato cinematografico, quali sono i registi di cui non riesci a toglierti di dosso il ricordo mentre dirigi?
Come avrai capito il genere “horror” entra “dalla finestra” nei miei lavori e non “dalla porta”, ma è un aspetto al quale non riesco a rinunciare. Quindi non ho particolari registi horror ai quali sono affezionato. Amo il “primo” Terry Gilliam, che rimane per me un punto di riferimento (Brazil). Dico una cosa che può sembrare banale, ma che mi ha sempre colpito coi suoi film fantastici: lui è l’unico a creare le nuvole del cielo in un modo unico, quando penso al volo di Brazil, o de Le avventure del barone di Münchausen, mi viene un brivido. Sono un visionario e il cinema prima ancora di storia è immagine. Alla “visionarietà” di Gilliam, Del Toro, Gondry, Burton, mi piace accostare l’underground di Jodorowsy, Waters, Tarantino. Non posso non citare maestri del cinema come Hitckock (che studio continuamente), affiancato dall’intramontabile Woody Allen. Adoro la costruzione delle sue commedie, anche se ultimamente non credo stia dando il massimo. Come lui ammette, spesso gira senza avere un finale pronto e, ammettiamolo, è evidente nell’ultimo film Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni.

GDG: cosa ne pensi dell’avvento del 3D, di come alcuni insospettabili l’abbiano abbracciato (per esempio Michael Gondry con THE GREEN HORNET) mentre altri ancora desistono (Christopher Nolan con INCEPTION e, pare, il prossimo Batman)?
Tocchi un argomento che conosco bene: mi occupo di stereoscopia da più di 10 anni e a casa ho una collezione di fotocamere 3D d’epoca. Come sempre in questo momento il 3D è una moda e ben pochi lo sanno usare come si deve. Non si riesce a capire che per girare in 3D non serve la tecnica, ma la testa. Questo è il grosso limite della maggior parte dei film in 3D in circolazione. L’unico in grado di pensare in 3D da zero è Cameron che lo fa da decenni con film anche in tecnica IMAX. Lo shooting 3D richiede la figura dello stereographer, figura professionale esperta della tecnica e della “psicologia” della percezione spaziale del pubblico. Figura che tutti sottovalutano per arrangiarsi da soli (specialmente gli italiani), con risultati deludenti. Fortunatamente alcuni registi desistono, perché capiscono che la tecnica 3D può essere un boomerang.

GDG: cosa dobbiamo aspettarci nell’immediato futuro dal Centimeri regista cinematografico e dal Centimeri regista televisivo?
Ci sono un paio di idee che stanno prendendo forma e mi piacerebbe “mettere su pellicola” in estate, una delle due, proprio in 3D. In tv proseguo la collaborazione con Chiambretti col quale lavoro da 5 anni, e sto curando la grafica del nuovo programma di Geppi Cucciari per La7. Mi piacerebbe entrare nel cinema vero e proprio, ma il mio genere non è ben visto dai produttori italiani che, ahimè, prediligono Moccia & Co.!

Posted in Cinema and Interviste by Giulio De Gaetano on dicembre 8th, 2011 at %H:%M.

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