CITTADINO DELLO SPAZIO – Joseph Newman
Strani e rivoluzionari marchingegni elettronici giungono tra le curiose mani dello scienziato Cal Meacham, inviati da una fantomatica casa di produzione. Assemblandone una miriade di pezzi, lo scienziato riesce a costruire un oggetto chiamato “interocitore”, una sorta di portale di comunicazione visiva verso uno strano personaggio di nome Exeter, il quale dichiara intenzioni pacifiche di collaborazione, rivolte al comune impegno per il progresso della civiltà umana, e non solo.
Non passa molto tempo prima che ci si renda conto che Exeter è un essere proveniente da un altro mondo, Metaluna, e le sue intenzioni non sono esattamente quelli dichiarati a Cal.
La major Universal sperimenta il technicolor e investe molti soldi nella realizzazione di questo film, affidato alle sicure mani di Joseph Newman (Il covo dei gangsters, Giungla umana), anche se non particolarmente avvezzo al genere, e si vede. Se da un lato Cittadino dello spazio rappresenta una pietra miliare della fantascienza, vuoi per le scenografie o per la rappresentazione di Metaluna, dall’altro subisce una sorta di teatralità che mal si sposa al senso di mistero o di atavico timore sussurrato in altre pellicole similari.
Molto interessanti le invenzioni che variano da quelle meccaniche, come l’”interocitor” e la sua ambivalenza tra oggetto di comunicazione e oggetto di distruzione (precursori?), a quelle figurative come il guardiano mutante che è entrato nell’immaginario sci-fi. Sottile anche il riferimento al maccartismo, che aleggia in questa come in quasi tutte le altre pellicole del periodo.
Cittadino dello spazio, comunque, manca di quell’impianto narrativo forte al punto da soggiogare quello visivo, riuscendo a stupire nella forma, annoiare negli sviluppi.
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