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Spesso le colonne sonore dei videogiochi non vengono considerate con il giusto livello di attenzione che dovrebbero, e il compositore Lorne Balfe sembra volerlo urlare a squarciagola con la splendida soundtrack dell’altrettanto valido videogame Assassin’s creed 3.
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Con un solo EP alle spalle datato 2008, i gallesi Lost in Thought si lanciano prepotentemente sulla scena prog metal, figlia in parte di echi provenienti dai Dream Theater ma dalla matrice imbastardita dall’assalto sonoro dei Circus Maximus, passando per le melodie catchy tipiche degli Scientic e gli affresci acustici dei Sieges Even. Per cui architetture sonore tipiche del prog ma con derive non scevre da influenze puramente metal.
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Ricordo quando, dopo aver letto una recensione particolarmente esaltante di A time never come acquistai il cd per posizionarlo, dopo tanti e tanti ascolti, in cima ai dischi più “sentiti” (non ascoltati) di sempre. Era il 2001. A 2 anni di distanza il buon Scent of human desire non bissava il pathos del precedente, ma nemmeno si gettava in un recondito dimenticatoio come i successivi album.
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Posted dicembre 13th, 2012. Add a comment
Dopo lo splendido Pitch Black Progress tornano gli Scar Symmetry, band che tutt’oggi non ha ancora riscosso il meritato successo. Il quintetto svedese deve essersi chiuso in studio deciso a voler ingranare un’altra marcia, cercando di inglobare ulteriori elementi al suo già robusto sound, fondato su architetture che spaziano dal thrash tecnico al death metal melodico, sino a sfiorare territori progressive.
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Posted novembre 14th, 2012. Add a comment
Immenso. Non riesco ad estrapolare altro termine più efficace per descrivere la magniloquenza di questa fatica dei Monstrosity. Attivi da oltre 15 anni, irregolari nelle uscite ma costantemente capaci di siglare ottimi lavori sin dal seminale Imperial Doom imbastendo una corazzata di death un po’ brutal un po’ melodico (specialmente in questo caso), sempre tecnico e suonato con estrema perizia e gusto.
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Posted ottobre 18th, 2012. Add a comment
Immaginate di trasfigurare la vostra anima in un corpo abbandonato nel cuore delle tenebre come un simulacro in cerca di sepoltura. Lasciate che l’oscurità vi avvolga addentandovi con i pensieri più tristi che la memoria potesse partorire e chiudete gli occhi. Sentite dolore alle orecchie a causa del silenzio, un vuoto assordante che raschia cercando di estirpare la malinconia per gettarne dentro altra in un ciclo senza fine. Siete soli.
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Posted settembre 6th, 2012. Add a comment
Vengono dal sud Italia i Memories of a lost soul, da una scena, come quella calabrese, alquanto avara di situazioni musicali realmente degne di nota. Dopo una serie di demo ben accolti, ma ancora non completamente maturi a causa di una line-up instabile, riescono a dar vita al full-length 7 steps to nothingness caratterizzato da un black metal con accenni death e prog, oltre che da un arricchimento sinfonico operato dalle tastiere di Bruno.
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“Furious Winds / Locusts” getta immediatamente le basi che saranno rispettate e seguite nelle successive songs: melodia e cattiveria. Riff melodici, assoli ben eseguiti, ritmiche serrate e specialmente tastiere che si pongono come manto a tanta potenza. “The Mud And The Blood” rispetta le regole dettate con riff stavolta più melodici e aperti, qui è la voce a farla da padrone in quanto a carica nefasta.
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Molta strada hanno percorso i norvegesi Green Carnation da “Journey To The End Of The Night”, compiendo la coraggiosa scelta di incidere un disco completamente acustico. Atmosfera, feeling, calore e malinconia sono i punti cardine che echeggiano nelle orecchie dopo l’ennesimo ascolto di questo album. Avanza come una marcia “Sweet leaf”, con un cantato solenne e caldo fino a metà canzone quando la voce si alza assumendo un registro simile a quello del Bono Vox più melodico mentre il basso accompagna l’incedere fino al concludersi della marcia.
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Proseguendo l’evoluzione che li ha trascinati dal dark-black degli esordi all’attuale miscuglio di industrial-elettronica e heavy metal i Samael espletano pienamente il significato della parola evoluzione. Sono stati capaci di cambiare, mettersi in gioco alle volte intuendo in tempo il trend che avrebbe imboccato il mercato, altre volte compiendo scelte che avrebbero potuto siglare il loro suicidio. Tuttavia il fatto che a distanza di 16 anni da Worship Ritual si continui a parlare di loro, palesa la bontà della proposta che tutt’oggi gli svizzeri riescono a lanciare in pasto ai fan.
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