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Dopo 4 anni di distanza da “Beyond daylight” i tedeschi Vanden Plas sfornano un album che detronizza immediatamente qualsiasi altra band (prog) che si era insidiata nel 2006. Questo picco grazie anche alle forti influenze maturate dai membri del gruppo che si sono dedicati ad opere quali “Abydos” (il solo Andy Kuntz) e “Nostradamus”, sagomando ancora più marcatamente il proprio stile e assorbendo nuove suggestioni che sono andate a convergere nell’album.
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Immaginate di trasfigurare la vostra anima in un corpo abbandonato nel cuore delle tenebre come un simulacro in cerca di sepoltura. Lasciate che l’oscurità vi avvolga addentandovi con i pensieri più tristi che la memoria potesse partorire e chiudete gli occhi. Sentite dolore alle orecchie a causa del silenzio, un vuoto assordante che raschia cercando di estirpare la malinconia per gettarne dentro altra in un ciclo senza fine. Siete soli. Vittime delle vostre stesse paure, schiavi della vostra ombra, ciechi nel denso miasma.
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Posted febbraio 28th, 2012. Add a comment
Il secondo lavoro degli inglesi Editors è decisamente uno degli album più importante dell’intera scena indie-rock, anni luce avanti sia rispetto al precedessore The back room che al poco ispirato In This Light and On This Evening. Dediti ad un alternative rock dalle influenze che spaziano dagli Arcade Fire ai Coldplay, passando per i Radiohead, il gruppo britannico fa della melodia il proprio portabandiera, andando a toccare corde emozionali mai banali o scontate.
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Posted febbraio 22nd, 2012. Add a comment
Attivi sin dal 1994, natii israeliani, i Bishop of Hexen riescono a sfornare il secondo full length, grazie al promo “Unveil the Curtain of Sanity” che ha permesso loro di accasarsi presso la CCP records per ben tre album. L’intro “Unveil the curtain of sanity”, nenia emblematicamente oscura, apre le danze al black sinfonico di “Eyes Gaze to a Future Foreseen” che subito mostra un uso intelligente della batteria, mai troppo scontata o ripetitiva, che ben si amalgama ai continui cambi di atmosfera.
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Posted febbraio 16th, 2012. Add a comment
Subito del gruppo polacco mi ha incuriosito il monicker traducibile in inglese come “Chambers of fire”, cioè l’unico luogo nell’immaginario di Tolkien dove era possibile distruggere l’anello del potere. Tuttavia i testi non hanno attinenza con tematiche fantasy né, tantomeno, la musica che pone in primo piano un assalto black con moltissimi inserti death metal, ma condendo il tutto con innumerevoli influenze orchestrali non stile Cradle of Filth (cioè votate a creare atmosfere gotico-vampiresche) bensì spaziali-astrali ricordando i grandiosi Limbonic Art.
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Posted febbraio 8th, 2012. Add a comment
Giunge al terzo capitolo il ciclo del “Vento” costruito dall’ensemble francese/austriaco Elend, iniziato nel 2003 con Winds devouring men e proseguito nel 2004 con Sunwar the dead. Dopo tutti questi anni di underground prima e buona popolarità dopo, risulta più palese l’appeal che la band è in grado di profondere grazie ad un genere musicale capace di afferrare l’appassionato di musica classica così come il black metaller incallito grazie ad una miscela di atmosfere decadenti ed apocalittiche, a suoni melodici ed oscuri, ad arrangiamenti barocchi e sinfonici e ad un culto vero e proprio che si è delineato dietro il monicker della band.
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Posted gennaio 12th, 2012. Add a comment
Band formata da diversi componenti provenienti dall’underground tedesco, ma anche internazionale (come recita la biografia presente nel sito), come Immortalized, Cantara, Katafalk, Obtuse, Pooier666 e As It Burns, questi Winter of Sin raggiungono il debut album dopo due demo (“Hailstorm” del 1999 e “Obscura” del 2001) degnamente recensiti nelle riviste specializzate.
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Album tributo del chitarrista degli Anathema, Danny Cavanagh, al compianto Nick Drake. Stavolta non ha senso esaminare l’album brano per brano in quanto ciò che veramente importa è descrivere il feeling che Cavanagh fa pulsare grazie ai soli arpeggi di chitarra ed alla sua voce.
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Dopo l’abbandono di Patterson ed il passaggio dello scettro a Mick Moss i dubbi sul futuro della band avevano assunto una concretezza di rilievo, le prime insinuazioni negative fioccavano, la fine di una importante band sembrava alle porte; tuttavia “Leaving Eden” non solo spazza via ogni supposizione negativa, ma si fregia anche del titolo di nuovo capolavoro degli Antimatter.
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Notevole il percorso evolutivo dei tedeschi partiti dalla seconda metà degli anni ’80 con un prog/thrash tecnico e raffinato e giunto nel 2007 con un rock tecnico ricco di melodie. Sono passati due anni dallo splendido “The art of navigating by the stars” con i Sieges Even capaci di affinare ulteriormente il loro stile, assottigliando la struttura delle canzoni grazie ad una potatura radicale delle esecuzioni solistiche. Proprio qui risiede la principale differenza coi precedenti lavori, lasciando vertere le composizioni sulle melodie vocali molto spesso simili (come gusto compositivo si intende) a quelle dettate dai Rush o dagli Yes.
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Posted dicembre 21st, 2011. Add a comment