MORDI E SPUTA – Marco Tosti
Sono ovunque. Un mondo invaso e devastato dagli zombie, una sacca di resistenza che ha imparato a disilludersi e perdere la fiducia anche nei propri (pochi) simili.
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Sono ovunque. Un mondo invaso e devastato dagli zombie, una sacca di resistenza che ha imparato a disilludersi e perdere la fiducia anche nei propri (pochi) simili.
Torniamo a parlare del buon Aristide Massacesi, alias Joe D’Amato, eroe indiscusso del porno gore a cavallo degli anni ’70/80 con quello che è unanimamente considerato uno dei suoi più deliranti capolavori.
Gli scatti di Emanuelle immortalano delle belle donne nude, portandola addirittura a rischiare la vita con chi fa della purezza la propria missione. Gli interni di un set tuttavia non bastano, il giornale scandalistico per cui lavora la invia alla ricerca di notizie da urlo, e lei non si tira indietro.
Che fosse un regista sopra e righe e dalle grandi potenzialità, lo avevamo capito tutti. Con la trilogia di Pusher, con i suoi Valhalla Rising e Bronson ci ha confermato di avere talento, ingegno e originalità. Ma al successo che questo Drive sembra promettere ancora non era arrivato, fino alla presentazione al festival di Cannes dove Nicolas Winding Refn ha vinto il premio come miglior regia.
In Blood Story si intrecciano due vite, due vicende interconnesse da un filo rosso sangue. C’è Owen (Kodi Smit-McPhee) adolescente con i tipici problemi legati alla sua età, su tutti l’eccessiva sensibilità che ancora non riesce a gestire ma soprattutto ad affermare in piazza pubblica, e c’è Abby (Chloe Grace Moretz) sua vicina di casa tanto strana quanto affascinante, di cui egli è innamorato.
Linda (Jo Ann Harris) è una giovane donna in calzoncini che si attarda nella stalla a parlare con il suo cavallo, quando esce viene assalita da un losco figuro (Stanley Adams) vestito con una tuta arancione e una maschera da hockey il quale, dopo una violenta collutazione, immobilizza e violenta la ragazza obbligandola a cantare Jingle Bells.
Parlare male del cinema di Renato Polselli è un po’ come sparare sulla croce rossa, in realtà quando si raggiungono certi livelli dove la bruttezza rasenta il sublime, ecco che certe opere rimangono impresse nella storia e diventano argomento di disquisizione per le successive generazioni.
“Il mondo è dei peccatori”, non c’è verità più palese di questa e, se ai comuni mortali la regola potrebbe risultare neanche troppo pesante da digerire, esistono ancora degli integerrimi servi del Signore [parliamo di quelli realmente integerrimi] a cui una cosa del genere non può davvero andar giù.
Julian e Jake Garrison hanno visto morire i propri genitori dentro la multinazionale Hybra Tech, per cause non meglio definite. Un loro amico, Zeke, muore a causa di un incidente ma il suo corpo non viene seppellito, bensì portato proprio alla Hybra Tech. I ragazzi decidono di tentare una sortita per disseppellire ogni loro sospetto, ma non sono consci degli abomini con cui stanno per confrontarsi.
William Beaudine era un altro di quei registi capace di dirigere dieci film all’anno, noto come “One Shot” per l’approssimazione delle riprese così come per la velocità con cui confezionava questi prodottini per il mercato dei Drive-In.