PERISHED – Stefan Radanovich, Aaron McCann
È innegabile che la visione prolungata di The Walking Dead abbia provocato un’impennata delle aspettative tutte le volte che si parla di zombie e, fortunatamente, Perished si difende piuttosto bene.
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È innegabile che la visione prolungata di The Walking Dead abbia provocato un’impennata delle aspettative tutte le volte che si parla di zombie e, fortunatamente, Perished si difende piuttosto bene.
Una terra asfissiata dai conflitti nucleari, uno scenario post-atomico dove orde di umani si trasformano in orde di bestie istintive guidate da un istinto di sopraffazione più forte di quello di sopravvivenza. In questo habitat desolante, un cyborg solitario (Jean Claude Van Damme) si aggira distruggendo gang di predoni.
Sul volo Los Angeles-Parigi vengono imbarcate delle casse di proprietà della C.I.A. dall’ignoto contenuto. Il tragitto è funestato da una tempesta molto intensa che scoperchia uno dei contenitori, rivelando la presenza di una scienziata affetta da un virus che l’ha mutata in zombie. La sua fame di carne umana la porta a seminare terrore a bordo dando il via al dilagarsi del contagio, finché un gruppetto ben assortito di passeggeri decide che è tempo di difendersi.
E’ dal lontano 2002 che Richard Linklater (Prima Dell’Alba, School Of Rock) coltiva il progetto Boyhood: sebbene il regista simbolo della Generazione X abbia già sperimentato nuove forme narrative (Slacker) e tecnico-estetiche (Waking Life, A Scanner Darkly), la sua ultima missione è a tutti gli effetti un esperimento filmico unico.
Vice Media è un canale web utilizzato come fonte di informazione alternativa ai canonici canali mediatici trasmessi via cavo. Una piccola troupe accompagna un fotografo a trovare la sorella in una comunità rurale dispersa tra i boschi degli States, “Eden Parish”, in modo da documentare la piccola realtà.
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Deathcrush, Captor of Sin e Dead Skin Mask è il trio di mostri che, annoiato, decide di lanciarsi in un “motherfuckin’ party!“, una sorta di evocazione al contrario, dove dall’aldilà (o aldiquà) vengono evocati: uno strambo prete (cammeo di Edo Tagliavini) e una quantità consistente di distinte fanciulle in bikini, ben pronte a ballonzolare con le loro grazie lungo angusti corridoi e farsi massacrare dal trio.
L’esplosione del giallo all’italiana all’inizio degli anni ’70 portò una serie di titoli dal richiamo animalesco/minaccioso, fra questi il film di Paolo Cavara è uno dei pochi che, dal titolo, prende realmente spunto per svilupparne la trama. Analogamente all’aracnide del titolo, l’assassino paralizza le proprie vittime rendendole immobili di fronte al loro terrificante martirio, così da farle assistere impotenti alla loro uccisione.
Una casa isolata, il buio intorno, quei crepitii che fanno pensare ad un innocente gatto saltato sulla terrazza, ad un roditore che sfreccia tra la campagna seguendo percorsi limitrofi alla costruzione. Maryann (Tatiana Luter), rimasta a casa sola dopo la trasferta del marito Carl (Daniel Baldock), scopre presto come quei rumori e quelle presenze non sono così insignificanti …
Quanto ho amato questo film da ragazzino! Eppure sono riuscito a vederlo una sola volta in una televisione privata (la Canale Cinque dei primi anni ’80), in quei pomeriggi stemperati da film horror della Hammer che ti riempivano gli occhi con il loro mondo di licantropi e vampiri.
Un uomo solo, in silenzio di fronte ad un vetro che lo separa dal mondo esterno. Veicoli sfrecciano incuranti lungo strade marce di incuria, in un’altra mattina dove il sole bagna i corpi di chi vuole restare nell’ombra … a scrutare senza essere visto. La mano sull’uccello e la giornata inizia con uno spruzzo di piacere, un’esplosione di disgusto verso quello che c’è fuori, un appestato singulto da condividere con il mondo. Rimanendo separati da una lastra di vetro.