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Un ragazzo, interpretato da Luigi Ponzoni, gioca a carte con un avversario che improvvisamente si scopre esser stato accoltellato. Intorno alla partita e al protagonista avvengono eventi strani che lo portano a scontrarsi col passato, e col fratello … defunto da anni.
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Posted giugno 25th, 2012. 2 comments
Un bizzarro libraio recita la filastrocca che racconta della breve vita di Solomon Grundy, nato un lunedì e seppellito una domenica. La sua esistenza comincia con la morte della madre e prosegue scandita da disgrazia, povertà e malattia, per terminare con un’indegna sepoltura e poche parole incise sulla sua croce di legno: “In sol sette giorni la vita l’ha ucciso”.
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A un luogo lontano e a un tempo buio e asfissiante appartiene Zero, un poeta che mette nero su bianco i suoi pensieri usando una macchina da scrivere gigantesca, rinchiuso tra le quattro mura di una camera cupa che grida austerità.
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Tra i corridoi di un ex-ospedale psichiatrico si affastellano i ricordi dell’allora direttore, pensieri che nascondono terrificanti segreti. L’excursus nel tema della follia, morbosamente descritta, è il fil rouge che col(lega) l’incrociarsi narrativo di questo cortometraggio firmato da Vincenzo Bellini (suo anche il montaggio, a quattro mani con Irene Bellini, e il taglio fotografico) e della IcarusFilm, su soggetto di Anna Peri. Ma chi è Vincenzo Bellini?
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Nello spazio più remoto, due meteoriti si schiantano sul Pianeta dei Ragni. L’esplosione scaglia frammenti del pianeta lungo tutta la galassia, e uno di questi si schianta proprio sulla terra. Questo frammento inizia a causare strane metamorfosi nei ragni che iniziano a mutare, ingigantendosi, moltiplicandosi e, specialmente, divenendo pericolosi per l’uomo.
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Una leggenda non vera (come ci tiene a sottolineare lo pseudo esperto che, in apertura di cortometraggio, introduce la storia) racconta di un guerriero che sconfisse templari-zombie. Questo è il pretesto narrativo con cui la (fittizia) casa di produzione e distribuzione Doppia G imbastisce un gioco di rimandi riferibili, soprattutto, alla cultura fumettistica e cartoonistica asiatica ma, anche, a modelli più alti di cinema.
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I sogni nascosti nella fantasia di una bambina possono sprigionarsi anche da un timido sguardo rivolto al compagno di classe preferito e prendere vita dai tratti e dai colori di un disegno quasi banale, fatto sui banchi di scuola. Questo è il punto di partenza dal quale l’immaginazione della piccola attraversa le tappe di una vita intera, scandita dall’amore: scambiarsi i primi baci alla luce del tramonto, iniziare una vita di coppia, dare alla luce un figlio, accompagnare il proprio bambino nella crescita e gioire nel vedere lui stesso scoprire l’amore, invecchiare insieme nella certezza di condividere fino all’ultimo respiro.
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Il canovaccio su cui si dipana questo I love you like a twist del toscano Lorenzo Lepori è dei più classici: un criminale evade dal carcere per regolare i conti con il fratello; a dargli man forte tre amici che accettano di fare, per lui, una consegna pericolosa in un bosco.
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Due sposi nella loro camera da letto. Qualcosa di inaspettato turberà la loro quiete familiare. Silenzioso come il pensiero, laterale e lento come un’incognita. L’idea di rimescolare la propria forma in una condizione di realtà non lucida, prevede l’oscurità in una proiezione aberrata e instabile.
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Abbiamo più volte parlato della casa di produzione indiependente APC independent Production di Angelo e Giuseppe Capasso, per presentarvi e recensire i cortometraggi dei due soci fondatori. Ma da un po’ di tempo i fratelli Capasso hanno provato a dare supporto ad altri registi indipendenti, supportandoli dal punto di vista produttivo. Bastard serial killer! Kill! Kill! di Antonio Zannone, è uno dei primi cortometraggi prodotti della APC al di fuori della produzione artistica dei Capasso Bros.
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