BOY WONDER – Michael Morrissey
Quando un evento traumatico sconvolge la vita di una persona, entrano in gioco una serie di fattori, soprattutto inconsci, che hanno come unico scopo quello di cicatrizzare la ferita creatasi all’interno della sua psiche. Da qui a riuscire a riassorbire (e quindi metabolizzare) il trauma subito ce ne vuole, soprattutto se esso è perso nella notte dei tempi e nei meandri oscuri dei ricordi.
Non è detto, però, che la mente umana sia pronta ad assorbire del tutto quell’episodio spiacevole, vi sono dei casi in cui non avviene il processo di accettazione e, quindi, si generano delle fratture, scissioni che possono degenerare nelle forme più fantasiose di psicosi.
Alcuni soggetti dalla morale integerrima, consci del dolore maturato nel corso degli anni, si fanno portavoce di questa sofferenza e si immolano per garantire la mai trovata pace ad altri individui. E’ il caso di Sean Donovan (Caleb Steinmeyer) che non riesce ad accettare che la giovane madre, Mary (Tracy Middendorf), per lui quasi una divinità, sia morta per mano di uno spietato criminale. Sean, ormai cresciuto, ha mantenuto nella sua mente di bimbo solamente quel tragico ricordo che ormai è come un vetro rotto e opaco; l’unica altra memoria che conserva della donna è la passione per la musica classica, da cui ha ereditato l’enorme intelligenza. Il padre (Bill Sage), presente insieme a lui la notte dell’omicidio, cerca di aiutare il figlio a non isolarsi nel suo mondo spiegandogli che non è stato lui a morire quella notte e dicendogli che sua madre non avrebbe voluto che sprecasse gli anni migliori della sua vita, rinchiuso in casa a studiare.
L’elemento esterno, l’occhio dello spettatore, è rappresentato da Teresa Ames (Zulay Henao) giovane poliziotta in carriera, fresca di promozione, anch’essa dedita al proprio lavoro e al proprio figlio che deve condividere con l’ex-marito. La donna avverte qualcosa di strano nel ragazzo che, da 10 anni dalla morte della madre, puntualmente viene alla centrale di polizia al solo scopo di spulciare lo schedario dei malviventi per cercare se tra di loro c’è il colpevole dell’omicidio di sua madre. Teresa capisce che questo non è l’unico scopo del ragazzo. Sean ha trasformato la sua rabbia, la sua frustrazione per la perdita della madre in sete di vendetta, ma non solo nei confronti di chi materialmente si è reso protagonista di quell’efferato crimine, ma anche nei confronti di chiunque abbia violato l’esistenza di una giovane vita compromettendone irreversibilmente il destino. Assistiamo quindi alla nascita di un giustiziere, un eroe, colui che appunto fa del proprio dolore la propria bandiera o in questo caso il proprio mantello scuro.