BLACK SEA – Kevin Macdonald
Gli uomini di mare si ritrovano alla taverna del porto e raccontano storie in bilico tra realtà e leggenda: una di queste narra che sul fondo del Mar Nero giace dagli anni 40 un sommergibile U-Boot carico di oro destinato alle casse naziste, naufragato e mai riscattato. L’esperto capitano di sottomarini Robinson (Jude Law), devastato dal recente licenziamento, prende il racconto alla lettera e decide di organizzare una segreta e rischiosa missione di recupero.
In accordo con un ricco filantropo, Robinson convoca una poco raccomandabile ciurma russo-americana ingolosita dal lauto compenso e salpa su un traballante sottomarino. Come prevedibile, la caccia all’oro si complicherà terribilmente sia per problemi tecnici che per il carattere fumantino di gran parte dell’equipaggio. La paranoia e la claustrofobia fanno il resto, la tragedia incombe.
Il regista scozzese Kevin MacDonald (L’Ultimo Re Di Scozia, State Of Play) trascina Jude Law in un’avventura subacquea con poca inventiva e molta prevedibilità, ventimila leghe sotto qualsivoglia ispirazione. La suggestione delle riprese marine e dell’imponente sommergibile funziona, molto meno quello che accade al suo interno, dove un (troppo) lungo viaggio viene funestato dai cliché del caso: il giovane e timido mozzo, i disordini d’equipaggio, l’idiosincrasia innata tra U.S.A. e Russia, il capitano duro ma giusto, una talpa che si insinua e trama nell’ombra. Sono storie già viste, ritmi thriller da inizio anni ’90 che hanno ormai più polvere che fascino.
Nonostante qualche elemento ben riuscito (l’uscita dei sub è una sequenza d’impatto), il più delle volte Black Sea presta il fianco al “vedrai che adesso …”, scontato e mai sorprendente com’è. Il tentativo di sviscerare il lato peggiore della natura umana, venale e prevaricatrice, funziona solo con alcuni personaggi, su tutti il violento Fraser (Ben Mendelsohn); non con l’allucinato e stereotipato protagonista, un Law fuori forma e tragicamente Phil Collins look-alike. Black Sea consegna ai posteri un’avventura poco interessante e fin troppo prolissa, che omette le emozioni fondamentali. Claustrofobia, paura e sospetto non esplodono mai.
Rimane un po’ di curiosità per l’esito della missione, ma è poca roba per un film capace forse di tenere sulle spine solo gli appassionati del setting subacqueo e qualche inguaribile groupie del buon Jude (o di Phil Collins).