BEREAVEMENT – Steven Mena
Un bambino si dondola sull’altalena del giardino. La madre prepara la nuova tata alla sua malattia, l’impossibilità di sentire dolore. Un uomo si avvicina con un camioncino insozzato di fango, afferra la mano del bambino … e lo trascina in un inferno personale dove la desensibilizzazione è l’unica arma per sopportare il massacro.
Una fabbrica abbandonata è l’alcova dove l’uomo trascina le proprie vittime, le appende a ganci come degli animali per il macello e istruisce il bambino. Cinque anni di segregazione, sevizie e indottrinamento al dolore; un lungo lasso temporale che lega le due persone sotto una comune egida: l’adorazione del silenzio e del sangue.
Bereavement racchiude nel titolo (letteralmente “perdita”) un emblematico significato che si snoda tra una perdita di umanità, così come della sensazione di paura (vissuta come accettazione prima di essere metabolizzata ed elaborata attivamente), ma specialmente perdita dell’infanzia e di tutti i sentimenti legati a questo periodo. Uno strappo lavato nel rosso sangue guidato da un matto che ha perso il lavoro nella macelleria di famiglia (echi di Non aprite quella porta aleggiano ovunque), mattatore di giovani anime e spietato scrutatore di un piccolo paese che nasconde odi e dissapori.
Prequel di Malevolence (vedete la sequenza posta dopo i titoli di coda che si riallaccia alla trama di quest’ultimo), il film di Steven Mena si distingue per una violenza visiva molto estrema, specialmente nel mostrare corpi di ragazzini violati da lame in maniera atroce. La telecamera si muove, inoltre, dal punto di vista di un bambino che muta la propria pelle e diviene ciò che l’uomo ha forse sempre voluto.
Scioccante nelle immagini, permeato da un mood drammatico/malinconico, Bereavement se da un lato pone lo splatter come punto di forza, dall’altro subisce una povertà di intreccio e trama che lo accompagna per tutta la durata. Vedere l’angosciante caduta di giovane anime e lo sguardo impassibile del bambino lungo i suoi cinque anni di segregazione pesano come un macigno, ma il resto risulta troppo piatto per scavare a fondo dentro la testa di chi osserva.
Un must per chi ama l’exploit visivo con poco altro, come quello dettato da Martyrs o Alta Tensione.