BEAUTIFUL BOY – Shawn Ku
La forma della neve. La simmetria esagonale della base ma la totale casualità di aggregazione. Sammy telefona alla madre, Kate, le parla della neve, della sua simmetria mentre lei ricorda solo del caos che risiede dentro un minuscolo cristallo. Lui sembra avere trovato la linea retta lungo il turbinio dei suoi pensieri, come un fiocco di neve che cade leggero dal cielo sino a toccare il suolo in una discesa lenta ma implacabilmente guidata dalla gravità … come la mano armata di Sammy, che apre il fuoco contro docenti e compagni che affollano il suo stesso college.
Bill e Kate rappresenta la tipica coppia borghese americana, una coppia dispersa nella culla della quotidianità, un’alcova di serenità da tempo scossa da dubbi ed eccessivi indugi. Sammy, nella bozza che ne viene fatta, è un giovane depresso, forse dallo stesso allontanamento da casa per la nuova dimora al college, forse a causa di alcuni input negativi casalinghi, forse da se stesso o forse dal mondo fuori. Il testamento di Sammy è racchiuso in brevissimi secondi di un video dove chiede scusa ai genitori, null’altro.
Beautiful boy rappresenta una voce nel panorama indipendente che, prima dell’impatto post-visione, può risultare anonimo per presupposto, data la trama inflazionata, ma che superato questo scoglio si tramuta in malessere interiore quanto mai vivido. Se Elephant ci accompagnava tra i corridoi del college, alle spalle dei giovani killer, Bowling for Columbine si addentrava nel marcio societario americano, uno degli episodi di America Horror Story ci presentava il massacro e il tema della vendetta, nel film di Shawn Ku emerge il dolore di chi resta ad affrontare il lutto e la reazione. E si tratta di un urlo disperato.
La precisa scelta di non mostrare il massacro, di non cercare giustificazioni o spiegazioni ma, anzi, di destabilizzare gli animi che cercano tracce (probabilmente nemmeno esistenti) si palesa come rischio commerciale ma, all’opposto, come originale spunto su cui lasciar correre le più svariate interpretazioni. D’altronde la natura indipendente del film emerge palesemente in scelte come questa. Anche lo sguardo attonito e spietato di chi segue il notiziario con il nuovo killer, impacchettato come mostro su cui sfogarsi (e come dar torto?), diventa emblema di un male che si trascina in lungo e in largo, ma che si scioglie temporaneamente negli occhi dell’affitta camere del motel che vede coi propri occhi il dolore di un padre.
Il cast è semplicemente superbo, Michael Sheen e Maria Bello semplicemente perfetti nell’esternazione di dolore, probabilmente i migliori attori del 2010 grazie a questo lavoro. Lunghi silenzi, musica accennata ma non sempre esplosa, regia e montaggio asciutti e funzionali fanno di Beautiful Boy uno dei migliori film indipendenti usciti nel 2010. Da vedere nel silenzio.