ATTACK THE BLOCK – Jim Cormish (recensione 2)
Siamo nella periferia di Londra e una giovane infermiera di nome Sam (Jodie Whittaker) viene rapinata da una gang di sedicenni. Proprio mentre questi cercano di estorcerle del denaro un piccolo meteorite piomba sopra una macchina parcheggiata al lato della strada distruggendola … la ragazza sfrutta l’evento per mettersi in salvo mentre la gang, capitanata dal giovane Moses (John Boyega), cercano di fare il punto della situazione e capire come trarre vantaggio dall’accaduto.
Iniziato il saccheggio della vettura, sembra che nulla sia di loro interesse, eccezion fatta per il meteorite caduto dal cielo che contiene una sorpresa. Un piccolo mostro (spelacchiato), infatti, tenta invano di aggredirli ma non riesce ad avere la meglio, finendo ucciso. I giovani, fieri della loro bravata, si recano nel Blocco, il loro quartier generale, un grande palazzo come ce ne sono tanti ai margini delle imponenti megalopoli, nella sporca periferia dimenticata da Dio. Nel blocco ci sono Ron (Nick Frost), spacciatore di droga e grande produttore di marijuana in serra, e Hi-Hats (Jumayn Hunter), teppistello un po’ più grande con una carriera da rapper ancora da avviare e una come spacciatore già ben avviata. Moses mostra il cadavere della creatura agli spacciatori, convinti si tratti di un puppet cinematografico e non di un alieno vero e proprio … ma dovranno presto ricredersi dato che i fratellini del piccolo mostro, più corpulenti di lui, giungeranno sulla terra … decisamente incazzati!
Attack the block è un film con ragazzi (ma non solo per ragazzi) che ricorda le prime pellicole di Steven Spielberg con un sapore più dark e moderno, più truce ma con la medesima ironia di fondo, oltre ad un messaggio di denuncia sociale del degrado urbano. Molto gustosi i siparietti di “casino” e “problemi”, due ragazzetti che con questi nomignoli già preannunciano le loro buone (per modo di dire) intenzioni. Si avvertono però anche i problemi di un film dal sapore spiccatamente indipendente: principalmente la realizzazione grossolana dei mostri e la necessità di inquadrare gli stessi in modo da rendere i loro movimenti più realistici possibile, evitando l’effetto travestimento. Siamo di fronte ad un film di buon livello, dinamico sino alla fine e intelligente negli snodi della sceneggiatura, grazie anche ad una spiccata vena ironica che lascia evitare anche possibili tempi morti.