APOCALYPTO – Mel Gibson
La civiltà Maya sta subendo una rapida decadenza accelerata dall’avvento di un popolo bellicoso che saccheggia e devasta ogni porzione di terra calpestabile. Volendo ingraziarsi gli dei, enormi templi continuano ad essere eretti e sacrifici umani reclamati, finché Zampa di Giaguaro si ribella e cerca di sfuggire al suo cruento destino, tentando di trascinare lontano da tale sfacelo sé e la sua famiglia.
Troppe parole sono state sprecate per questo film, troppi finti significati velati da sviscerare, elogi o attacchi alle doti registiche, cipigli sul taglio storico più o meno fondato, ma qualsiasi goccia di inchiostro o pixel non prende questa pellicola per quello che è: un action movie dalle tinte esotiche (per gli indigeni, la foresta ed il retroterra storico) e dai toni kolossal (per le scene di massa e per tutto ciò che è ricamato dietro dai costumi alle scenografie alle luci). Un divertissement volutamente accusato di essere eccessivo solo per farsi pubblicità (non commentiamo le discussioni sul divieto in Italia), sicuramente un altro tassello importante inserito da quel furbacchione di Mel Gibson che, dopo l’epopea di Braveheart e la parabola finale della vita di Cristo ci propina un’altra macchina ben congegnata per il mainstream.
Chi taccia questa pellicola di eccessivo splatter non ha mai visto un film del genere, sia perché il gore è limitato a qualche gratuita ed inutile scena (digitale) sia perché la morbosità che caratterizza un vero film splatter è qui totalmente assente. Per esempio la violenza sugli animali è mostrata coi primi piani dei guerrieri che si avventano su di essi in modo banale e approssimativo, per non parlare del protagonista che viene più volte trafitto ma continua a correre come se nulla fosse; in questo modo si stempera eccessivamente l’adesione al piano della realtà, causando il crollo della verosimiglianza e, di rimando, l’impossibilità a provare disgusto.
Altro punto dolente è il retroterra fazioso sin dalla frase d’apertura: sembra quasi voler da subito giustificare il colonialismo adducendo la caduta del popolo Maya (e non solo) a cause interne, relegando l’arrivo delle navi dall’Europa a pochi secondi finali. Gibson sembra voler far finta che Apocalypto abbia un tocco storico ma fioccano parecchie incongruenze, e inoltre balza subito all’occhio che si tratta di un mero pretesto per tirar su il baraccone hollywoodiano condito dai soliti cattivi (gli invasori), dall’eroe buono (zampa di giaguaro) e dalla morale scontata (se lotti per ciò che ami vinci). Oggettivamente però il film regge proprio perché si rivela per quello che è poco prima della fine del primo tempo (da qui la valutazione finale) abbandonando ogni velleità e rifugiandosi nella caccia all’uomo, rendendo felici i ragazzini ma lasciando con l’amaro in bocca tutti gli altri.
Se volete assistere ad uno splendido spaccato di lotta dell’uomo contro se stesso nel contesto storico della ricerca di Eldorado, procuratevi Aguirre, furore di Dio di Werner Herzog.