A SERBIAN FILM – Srdjan Spasojevic
Un film scioccante, crudele, indimenticabile, dalla trama banale quanto letale. Milos è un ex-attore porno, ha difficoltà economiche e non riesce più a mantenere alto il suo tenore di vita. Vuole rientrare sul mercato e così incontra un’ex collega che lo mette in contatto con Vukmir, regista porno. Un regista sopra le righe, velenoso, pazzo, che offre a Milos un altissimo compenso a fronte di un’unica condizione: l’attore non deve sapere nulla del film.
… e Milos non ne sa nulla. Si sveglia un giorno intontito, ferito e sporco. Solo in un secondo momento, attraverso una serie di flashback, capisce che cosa è stato costretto a fare, capisce di essere stato drogato e costretto ad essere violento, e capisce che dietro tutto e tutti c’è il fratello Marko, geloso e innamorato della bella moglie di Milos. Efficace il laconico ordine delle cose del finale.
A Serbian film è difficile da giudicare, per molti difficile da digerire. Uno shock movie che incontra lo snuff, ma poco importa classificarlo o cercare un genere d’appartenenza, resta comunque un film truculento, efficace nel saper colpire lo spettatore, un film dove ogni tabù viene sfondato. Non viene risparmiato nulla, eppure non riusciamo a fermare la visione, incuriositi, chiedendoci quale potrà essere il successivo smacco al pudore. Srdjan Spasojevic è un genio (furbetto) o un regista pazzo, nessuna via di mezzo, che ha clamorosamente esagerato per guadagnarsi una nomea? Vuole veramente denunciare la società malata in cui vive?
In quest’ottica A Serbian film diventa elemento commutatore della nostra società; i desideri si fanno sempre più forti e, sebbene devono fare i conti con gli schemi del buon vivere, sembrano una malattia appestatrice capace di scoprire le nostre carenze, mostrandoci il fallimento delle funzioni regolatrici del nostro essere.
Stando alle parole del regista, si tratta di un film di denuncia sociale, utilizzando la violenza per denunciare la violenza. A Serbian film risulta sconcio, violento, gratuito e, a detta di molti, inutile. Le voci che si rincorrono su carta o sul web sono estreme: c’è chi consiglia uno psicologo al regista e a tutti coloro che elogiano la pellicola (“un film malato di cui bisognerebbe cancellarne ogni traccia“) o chi bolla la pellicola come “adatto a una persona spostata“. Sicuramente il generare il così tanti aspri o dolci commenti indica la capacità di attirare l’attenzione del lavoro. Manovra commerciale o reale denuncia sociale, A Serbian film è girato con intelligenza; non si tratta né di porno né di horror, ma di meccanismo capace di trafiggere sentimenti e stomaco.
Cosa colpisce di più lo spettatore di un neonato stuprato? Il sorriso della madre soddisfatta di aver dato all’orco il proprio bambino. “Questo film è il diario delle angherie inflitteci dal Governo Serbo, il potere che obbliga le persone a fare quello che non vogliono fare, devono sentire la violenza per capirla“, dice il regista, additando al medesimo governo l’incapacità di proteggere il suo popolo come la madre del bambino.