A SECOND CHANCE – Susanne Bier
Andreas (Nikolaj Coster-Waldau, Il Trono Di Spade) è il classico poliziotto senza macchia, con un’etica ferrea, una bella moglie e un bambino nato da poco. Durante una missione di routine Andreas ritrova il tossico e violento Tristan, sua vecchia conoscenza, e si immerge nella degradata realtà domestica che lo circonda: Tristan e la sua donna hanno avuto di recente un figlio, costretto a vivere in condizioni di profonda trascuratezza.
A nulla serve l’intervento degli assistenti sociali, che non trovano prove sufficienti per togliere ai due la custodia del bambino. Qualche giorno dopo, una terribile fatalità si abbatte sulla famiglia di Andreas e la disperazione porta l’uomo ad una sorprendente ed aberrante mossa ai danni di Tristan. Ma quando etica ed amore si scontrano, il bene ed il male diventano una materia estremamente soggettiva.
O perlomeno questo è quello che prova a “teorizzare” A Second Chance, coraggioso e doloroso film della regista danese Susanne Bier (premio Oscar nel 2011 per In Un Mondo Migliore). Coraggioso, perché nel suo racconto (scritto insieme al fido sceneggiatore A. T. Jensen) la natura umana è ritratta come quasi abominevole ma realistica e, probabilmente, reale. Reale come il dolore e le sofferte conseguenze delle azioni dei (bravissimi) protagonisti, eticamente ambigui nelle loro scelte e sopraffatti dal peso delle stesse. Per ritrovare simili agonie morali si dovrebbe forse tornare al capolavoro Il Sospetto (Thomas Vinterberg, connazionale della Bier), simile sia per iperboli drammatiche che per fotografia.
Quello che spinge l’integerrimo Andreas è una perversa forma di amore e di giustizia, che per la lucida crudeltà ricorda la cultura del cinema dell’estremo Oriente; o forse al contrario dimostrazione di amore per la propria moglie. Assistiamo però ad un protagonista che, partendo da sentimenti positivi, sgretola il suo essere e tutto ciò che lo circonda.
Se “sulla carta” A Second Chance è un semplice thriller-drama, la carica emotiva dei fatti e dei protagonisti lo trasforma in una lezione antropologica che prima terrorizza e poi scatena pensieri: chi è nel giusto? Chi deve pagare il prezzo più alto? Esiste un divario fra giustizia legale e giustizia etica? Con una regia sopra la media, la Bier non risponde alle domande ma ce ne regala molte, tutte coinvolgenti.
Sono pochi i film che riescono a trasmettere un simile senso di angoscia ed oppressione, finché il sedere dello spettatore è a bordo-poltrona; ancora meno quelli che infestano i pensieri a fine film, portandoci a una riflessione antica ma irrisolta. Probabilmente, a seconda della nostra inclinazione, alla fine avremo sempre più fiducia o più disprezzo per la cara vecchia umanità. A Second Chance è un film crudo, spietato e diretto. (Dis)Umano nella migliore accezione possibile. Non per serate da popcorn, ma imperdibile.