A ROYAL WEEKEND – Roger Michell
Franklin Delano Roosevelt, trentaduesimo presidente, viene ricordato per avere condotto gli Stati Uniti fuori dalla grande depressione che, economicamente, stava mettendo in ginocchio il Paese nei primi anni ’30. Fu anche colui il quale suggellò la “Grande Alleanza” bellica con il Regno Unito di Churchill, in vista dell’imminente conflitto mondiale secondo.
Il regista Roger Michell (Notting Hill, Ipotesi Di Reato) torna al giugno dell’anno 1939, quando a Hyde Park On Hudson, residenza dei Roosevelt, recano visita Re Giorgio VI d’Inghilterra e consorte; è la prima volta assoluta su suolo statunitense per i regnanti britannici e nella villa presidenziale fervono i preparativi per quello che, bizzarrie domestiche permettendo, dovrà essere un indimenticabile weekend reale.
La voce della modesta ed avvenente Daisy (Laura Linney, The Truman Show, Mystic River), lontana cugina del Presidente, ci accompagna attraverso i febbrili preparativi in vista dell’arrivo degli ospiti, con plurime sottolineature al controverso e galeotto legame che nasce fra i due: la ragazza, semplice e dalle radici campagnole, diventa ospite privilegiata, confidente dell’uomo nonché amante di un Roosevelt sornione, porta girevole di vizi e virtù, con la faccia di Bill Murray (I Tenenbaum, Lost In Translation) e un corpo minato dalla poliomielite che lo costringe alla paralisi degli arti inferiori. Uomo di potere terribilmente giocherellone, mette a dura prova i nervi rigidamente “british” di king Bertie e signora, stupendamente condotti ad esaurimento nervoso rispettivamente dal brillante attore londinese Samuel West (Jane Eyre, Van Helsing) e Roger Michell (già alle prese con la storia in The Iron Lady).
Lo stridente contrasto fra l’impettita diade inglese e il beffardo Roosevelt genera gag a profusione, che culminano in un indimenticabile e tradizionale picnic a suggello dell’amicizia fra i due capi di Stato, tenendo in postura eretta una commedia che talvolta dà segni di opacità e fugge fuori fuoco smarrendosi (e smarrendoci) nelle banali pieghe emotive della liaison tra Daisy e FDR.
Sul versante tecnico, alcune meravigliose trovate di regia (vedi sequenze automobilistiche nelle “fughe” amorose del presidente) ed una fotografia vintage fanno la gioia degli occhi anche nei passaggi a vuoto e senza verve. Il jolly nelle mani del regista Michell è un Bill Murray strepitoso che dà vita a un personaggio di incredibile profondità e leggiadria ironica, indiscusso cuore pulsante del film. Fino al finale, garbatamente strapparisate, che corona l’unione di intenti delle due nazioni sintetizzando con perizia gli ingredienti della pellicola: biografia, storia d’amore, humour americano e quello made in England.