RASPUTIN – Louis Nero
Molto tempo è passato dalla morte di Grigorij Efimovic Rasputin eppure questo personaggio continua a suscitare polemiche e dibattitti accesi soprattutto inerenti la sua vita, la veridicità di alcuni prodigiosi atti e la sua poco luminosa condotta morale. I personaggi carismatici come Rasputin hanno una forte presa sulle masse che, a loro volta, riflettono su di essi ansie e aspettative.
Louis Nero dopo Rabbia si cimenta in questo lungometraggio di ’85 minuti sempre supportato dalla produzione L’Altrofilm e dal valido apporto di Franco Nero che sembra sposare il percorso di crescita, prima di tutto individuale e poi cinematografico, del giovane cineasta di Torino. Louis Nero è un pittore e utilizza l’espediente cinematografico per dipingere su pellicola. A chi osserva i suoi film è richiesta la stessa pazienza che si richiede a chi, dinanzi un quadro, attende il tempo necessario per permettere ai sensi di compiere la propria ricerca. Questa è un po’ la forza e il limite delle opere di Nero che non racconta storie allontanando la possibilità di esprimere giudizi che non siano prettamente soggettivi.
La grammatica del film, sin nella sintassi vengono superate a pié pari fin dall’inizio senza timori da parte del regista. RASPUTIN è onirico e visionario, parla con le immagini, con le iconografie più che con la verità espressa dalla recitazione degli attori. La vicenda narrata è quasi un pretesto, una messa in scena teatrale di tutti quei simbolismi che fanno da controaltare al percorso spirituale del personaggio Rasputin che a trentatrè anni si sente un uomo nuovo, Novyj come si fa chiamare lui.
Percorso di dannazione e redenzione accostabile per certi versi a quello di Gesù Cristo che in questo film sembra visto al negativo di una pellicola fotografica. Rasputin, proprio come il suo predecessore, si fregia di azioni eclatanti: ad esempio la prodigiosa guarigione dell’erede al trono di Russia, l’emofiliaco principino Aleksej, gesto che non manca di catalizzare su di sé l’attenzione di un nutrito numero di nemici, soprattutto esponenti di spicco della classe politica russa, fino al 19 dicembre 1916 (giorno in cui gli si attribuisce la morte), i cui dettagli sono tutt’ora avvolti nel mistero. Si parla di complotto ordito ai suoi danni proprio da quella nobiltà che lo giudica per le sue umili origini e per lo stile di vita alquanto bizzarro, ma soprattutto per l’influenza da egli esercitata ai danni del reggente al trono di Russia e della sua consorte.
Gelosie, drammi personali tutte vicende che dipingono lo sfondo di una Russia dalle tinte rosso scure e al centro c’è lui, Rasputin, la cui immagine sembra riaffacciarsi ai giorni nostri per farci rivivere il suo stesso cammino interiore. Rasputin non decide di allontanare il peccato né tantomeno di estraniarsi dalla lotta contro di esso. Egli lo conosce, lo sfida, lo vuole governare con il suo potere di cui purtroppo è anche vittima. Sembra quasi che ci voglia dire che per conoscere il paradiso (la vera redenzione) e l’inferno (la vera dannazione) non serva attendere la morte fisica. I continui drammi ed enigmi della vita pongono ogni volta l’uomo di fronte ad una simbolica morte e ad una conseguente rinascita, si chiama crescita individuale, ma Rasputin arrivò a dogmatizzare questo principio, soltanto allo scopo di vedere accresciuto il proprio potere taumaturgico.
Da qui la sua continua ricerca di una morte interiore, di una mortificazione corporale per superare le proprie passioni. Il controllo o l’illusione di un controllo su una parte del nostro essere, come le nostre pulsioni primordiali, è materia delicata, spinosa e se fine a se stessa di poca efficacia. Ecco che subentra la necessità di immolarsi per la salvezza del prossimo, proprio come fece Gesù Cristo, per dare una ragione d’essere alle sue privazioni, ai suoi sacrifici. Forse questi personaggi che hanno l’ardire di porre un controllo razionale su qualcosa che appartiene ad una sfera quanto più lontana dalla ragione finiscono per essere vittima della loro disciplina, che traccia un percorso irto di sofferenze e dall’esito certo.