SILENCE – Angelo e Giuseppe Capasso
Due sposi nella loro camera da letto. Qualcosa di inaspettato turberà la loro quiete familiare. Silenzioso come il pensiero, laterale e lento come un’incognita. L’idea di rimescolare la propria forma in una condizione di realtà non lucida, prevede l’oscurità in una proiezione aberrata e instabile.
Vivere e non ricordare, nell’inganno di una verità di cui i sensi non prevedono la motivazione, riporta di pari passo quel male commesso, quella restituzione di un atto non riconosciuto e per questo privo di coscienza.
Silence dei Capasso bros, liberamente ispirato all’omonina poesia di Edgar Allan Poe, è il racconto dell’inesatta proiezione di una conseguenza, la condizione alternativa (e forse rimossa) di un gesto non compreso. Nella routine di una notte coniugale l’Uomo, tormentato da qualcosa, si sveglia ansimando. La sua ansia e la contrazione del torace dominano la scena finché, esausto e tormentato, si reca in bagno per riprendersi. Da qui il protagonista (Dario Biancone) si avvia in un cammino solitario, sospinto dalla strana gravezza di se stesso, in un’oscurità che diventa sempre più fitta e progressivamente alienante. Si potrebbe pensare a un rammarico non definito o a un sogno inatteso (e per questo non riconoscibile in quanto tale), ma non sempre un individuo segue indizi che celano una vera e propria risposta.
Silence è un corto pulito e fluido, dalla suspance ben distribuita e dalla narrazione che conserva un buon ritmo (tipico dei Capasso). Si potrebbe dire che nella fruizione qualche passo potrebbe risultare prevedibile, ma è una piccolezza irrilevante e a dir poco effimera. Il film restituisce allo spettatore un ottimo intento e una visione che invita sempre a pensare.
Il corto rientra in un progetto intitolato P.O.E. Poetry of Eerie, lungometraggio ispirato ai racconti dello scrittore americano.