L’ALTRA FACCIA DEL DIAVOLO – William Brent Bell
Una giovane studentessa americana giunge nella Città del Vaticano per studiare e comprendere a fondo il tema delle possessioni demoniache che ha flagellato la sua famiglia. A darle un aiuto due pretini ribelli, intenzionati ad arrivare fino in fondo alla questione.
La storia de L’altra faccia del diavolo si dice sia stata ispirata da una storia vera e che il Vaticano stesso abbia dato il nullaosta per le riprese. Naturalmente, inutile nasconderlo, si tratta dell’esima bufala costruita ad hoc per dare pepe ad una vicenda e ad un genere che ha da tempo esaurito quanto aveva da dire, nonché ad uno stile (quello del mockumentary) che ha ormai ampiamente stufato, soprattutto quando è sfruttato con tale sfacciata incoscienza di quanto è stato già fatto.
Già, perché, tolto l’ormai storico antenato The Blair Witch Project, il mockumentary ha cercato una sua ragion d’essere sia ibridandosi con altri generi, sia cercando una sempre maggiore aderenza al documentario vero e proprio. Il quarto tipo (per non citare sempre l’inferiore Paranormal Activity), Cloverfield e District 9 sono pellicole che dimostrano questo postulato, e non dimentichiamo la saga di Rec. Il vero problema è che questo genere, tirato su per illudere il pubblico, ha fatto il suo tempo, almeno artisticamente, con una conseguente perdita di valore rispetto ai fasti iniziali. Agli albori, infatti, si trattava di una realtà piuttosto interessante, se non altro perché ci costringeva a riflettere sul linguaggio cinematografico e su questo labile confine fra finzione e realtà, ma oggi francamente non ha più senso di persistere.
Detto ciò, ad onor del vero, possiamo dire che dal primo esorcismo in avanti, L’altra faccia del diavolo infila una sfilza di sequenze di notevole impatto visivo (e in parte emotivo) e, in fondo, porta a casa il risultato più che decentemente. Se ne esce, però, con un’illegittima domanda: qualcuno porterà mai le riprese di un vero esorcismo sul grande schermo?