ROBOT HOLOCAUST – Tim Kincaid
Oggi ci lamentiamo della scarsa qualità e della piattezza di idee del cinema di genere internazionale (quando non ci lamentiamo addirittura della sua progressiva scomparsa), ma immedesimatevi per un istante nello spettatore che, ignaro, spende bei soldini per sedersi in una sala e assistere ad un film come questo!
Certo, oggi guardando il film di Tim Kincaid (il quale, incredibilmente, ha continuato a lavorare molto anche dopo questa sua “prova” artistica) ci si ride sopra, si organizzano parate notturne a base di birra e popcorn per godersi in cassetta o dvd le esecrabili gesta dell’eroico Neo (Norris Culf) e del suo gruppo di ribelli, sovversivi che lottano contro il robotico dominio del crudele Dark One. Dubito fortemente che le motivazioni ludiche fossero alla base del lancio iniziale del film, spacciato come vero e proprio film di fantascienza di matrice post-atomica.
Si sa, comunque, che quando si spinge così a fondo sul pedale del trash involontario grazie ad una recitazione sommaria, a coreografie di combattimenti al limite del ridicolo, ad effetti posticci e ad una assoluta latitanza di idee, non si può che trasformare il risultato in un cult assoluto. Così, infatti, viene oggi considerato questo ROBOT HOLOCAUST.
Allora via con braccia rivestite da calzamaglie color carne che sporgono dalle pareti per simulare enormi (e comicissimi) vermoni dai denti stile Goofy, via con scenografie post industriali ricavate all’interno di capannoni in disuso, amazzoni pitturate in posa plastica nei giardini pubblici (che dovrebbero essere delle foreste), robot costruiti con maschere di plastica dorata, enormi mosconi fatti di fil di ferro e gladiatori che lottano con una flemma degna di un ritrovo tra vecchie comari all’ora del tè.
Eppure persino questa ciofeca ha “predettto” l’avvento di qualcosa di più grande, dando il nome al protagonista di The Matrix (ovviamente potrebbe essere solo una incredibile coincidenza). Ovvio che i combattimenti all’arma bianca di ROBOT HOLOCAUST distano anni luce dalle prodezze aeree del film di Andy e Larry Wachowski, per il resto siamo confinanti con la sciattoneria più estrema con assenza di fotografia, trucchi ridicoli, personaggi improbabili che si districano tra ninfomani, barbari coglioni, ballerini seminudi e cavernicoli dementi.
Insomma un film che ha nel suo Dna tutta l’essenza del brutto cinematografico ottantiano, una testimonianza estrema della decadenza artistica di quegli anni ma anche un pregiato esempio di come si deve realizzare il non-cinema illudendosi di girare sci-fi quando invece si sta producendo un film demenziale.
VOTO: 2/10
Regia: Tim Kinkaid
Cast: Norris Culf, Nadine Hartstein, J. Buzz Von Ornsteiner, Jennifer Delora, Andrew Howarth
Durata: 79 minuti
USA, 1986