L’EREDE – Michael Zampino
Alla morte del padre, Bruno riceve in eredità un palazzo in campagna. Il giovane non ne ricorda l’esistenza e, quando entra per la prima volta nella grande casa, viene a contatto con un ambiente diverso da quello a cui è quotidianamente abituato. Accanto alla villa vive la famiglia Santucci che Bruno giudica da subito grossolana, dagli atteggiamenti opposti rispetto ai suoi, tali da fargli provare disagio. In particolare Paola Santucci, presente e pressante, che inizialmente si presenta come una sorta di governante ma che presto svela la sua vera natura. E sarà proprio Paola a raccontare a Bruno di suo padre, della sua amicizia, della sua presenza costante nella vita della donna.
Bruno benché disorientato e sempre più infastidito non riesce ad evitare gli ingombranti vicini di casa, anche perché invaghito della figlia di Paola. Proprio l’interesse (ricambiato) per la ragazza scatena l’ira di Paola che finalmente toglie la maschera, per rivendicare la casa con tutto ciò che è attorno, dato il suo rapporto con il padre di Bruno. Bruno viene punito perché agevolato nella vita, nato in una famiglia bene, capisce che la sua vita è in mano ad una megera senza scrupoli, convinta che basti una casa a restituirle dignità morale e riscatto sociale. Ma come nel ciclo dei vinti, il destino è pronto a farsi beffe della donna.
Opera prima di Michael Zampino, L’erede presenta pochissimi personaggi, ambienti, un ritmo monocorde e lentissimo, contribuendo al senso generale di monotonia, con uno script prevedibile che appesantisce ancor di più la visione. Il ricco contro il povero, la donna di ceto sociale più basso che soggiace al signorotto sperando di guadagnarci qualcosa, nessuna novità. Sebbene i ritmi migliorino nella seconda parte, quello che vediamo è la reazione di due smaniosi che non riuscendo ad ottenere con le buone la casa, passano alle cattive maniere, picchiando e sequestrando il povero Bruno. Girato in provincia di Fermo, L’erede ci mostra uno scenario che richiama le ambientazioni di Poe e le favole nere in generale, con l’aggiunta di ignari conigli che (come i loro padroni invasori) sbucano da ogni angolo della casa. Tutto è già nel piatto.
Un noir nel complesso accettabile, dove brilla l’interpretazione di Guia Jelo, attrice siciliana che ha iniziato la sua carriera nel teatro lavorando anche accanto a Giorgio Strehler, per poi prender parte a numerosi film più o meno famosi (Ragazzi fuori, La scorta, Panarea) ed a numerose serie (Montalbano, Don Matteo, I Cesaroni); la recitazione degli altri attori lascia perplessi, specialmente alte erano le aspettative per Alessandro Roja. Suggestive le musiche composte da Riccardo Ragione, ma sono insufficienti per supportare piani larghi fortemente imprecisi, lunghi silenzi inutili oltre che un plot banale.