ICE SCREAM – Roberto De Feo e Vito Palumbo
Micky entra in un bar per comprare un gelato al cioccolato, vuole soltanto allietare una torrida giornata estiva. Al ragazzo non interessano i consigli della cameriera/barista senza un braccio, gli va soltanto di uscire da quella bettola e dirigersi verso la macchina. Micky non vuole infastidire Brando e Alex, ma così capita … ed è l’inizio del massacro.
Roberto De Feo è un regista che abbiamo già potuto apprezzare grazie allo splendido H5N1. La sua ultima fatica prende le distanze dalle atmosfere desolate, apocalittiche e malinconiche del suddetto film e si affianca a tematiche prettamente vicine all’horror, accarezzando più volte la bizzarra alchimia presente nelle opere di David Lynch (e ripresa in molti altri film, come Cabin Fever). Ice Scream è sperimentale, originale e bislacco.
La traversata nell’oblio che accompagna Micky non è così scontata come può apparire, il massacro non è fine a se stesso e la girandola di figure che si affacciano sulla scena si presentano come caricature dalla parlata tarantiniana e dalle movenze lynchiane. Questo rappresenta croce e delizia del mediometraggio in quanto sembra che regista e sceneggiatore volessero imbastire un copione molto più lungo e dettagliato, successivamente ridotto per motivi di budget.
Immaginate di trovarvi in un deserto da giorni, il vostro unico orizzonte è il colore giallo della sabbia, l’unico desiderio un bicchiere d’acqua e, con queste istantanee in testa, vi trovate improvvisamente in un dedalo di strade infestate da bolidi, in abiti eleganti e di corsa verso un apppuntamento in ristorante. Questa è la metaforica impressione catalizzata dopo la visione di Ice Scream: un balzo improvviso da un universo all’altro con un singulto di stupore.
Naturalmente ciò può essere digerito in maniera diversa, sicuramente presentare una sorta di famiglia di poliziotti freaks (col “padre” capo che sembra la caricatura del poliziotto de Dal Tramonto all’Alba, il figlio nano e cleptomane e la ragazza diligente ma visibilmente anormale) o di madre gigantesca, anche nell’affetto (come il fantasma che animava la casa in Monster House) mette lo spettatore di fronte ad una presa di posizione: vedere il tutto come un divertissement fine a se stesso oppure come frutto di una sceneggiatura sconclusionata e lasciata eccessivamente in sospeso.
Tecnicamente Ice Scream si presenta in maniera ineccepibile. Ottima la fotografia, curata da Angelo Stramaglia, che sembra voler innalzare un alone di polvere grigiastra, del colore del lembo di terra che ospita il massacro. Regia e montaggio si rivelano come egregiamente orchestrati, grazie sicuramente ad un periodo di pre-produzione in cui sono stati studiati i singoli dettagli.
Gli attori sono perfetti nel ruolo così come nella dizione (e penso sia la terza volta al massimo che lo scrivo), risultando credibili e lasciando così allo spettatore la possibilità di immedesimarsi nei vari personaggi; subendone (e felicitandosi de) le varie mutazioni, efferatezze, debolezze o ossessioni. Segnatevi i nomi di questi attori (Damiano Russo, Davide Paganini, Alessandro Bardani), sono persone su cui scommettere in futuro.
Godetevi Ice Scream, un gioiellino capace di intrappolare, scuotere e (quando si pensa che le ferite peggiori siano già state inferte) sferrare un colpo a tradimento, mantenendo l’attenzione vigile e la tensione alta, pur se stemperata da una profonda ironia. Grottesco e surreale, violento e cinico, implacabile e dissacrante.