TROMEO AND JULIET – Lloyd Kaufman, James Gunn
Ok, la storia di Romeo e Giulietta bene o male la conosciamo tutti, e il nocciolo resta qui intatto: i due si amano ma sono ostacolati dalle rispettive famiglie, impigliate in un’antica faida. Le variabili che vengono inserite dalla Troma sono molte e tutte godibili, infilate a raffica una dietro l’altra fino a rendere il film un’insolente caricatura del plot originale, in chiave demenzial-splatter.
Tutto condito da una totale irriverenza nel trattare temi scomodi come l’incesto, la violenza familiare, la pedofilia clericale, tutti sbattuti sullo schermo con una quasi ingenua strafottenza e noncuranza per il dilagante (e asfissiante) perbenismo. Come riuscire a ridere (e non amaramente ma in modo leggero) delle porcate dei nostri tempi, senza gli impicci di un ormai invasivo politically correct.
All’alba del 3° millennio, Tromeo e Juliet sono due normalissimi teens immersi fino al collo nei classici stereotipi adolescenziali: lui dedito al sesso fai da te in compagnia dei DVD della “Shakespeare Sex Interactive” (il film è infarcito di autocitazioni della Troma e impudenti “tributi” a Shakespeare), lei intenta a sperimentare l’amore saffico guidata da sapienti mani, e tormentata suo malgrado da incubi notturni a sfondo sessuale dominati da protagonisti maschili (esilarante la scena dell’enorme fallo dotato di vita propria, con sembianze di Alien, geniale rivisitazione della classica fobia della vagina coi denti).
Da ciascuno di questi sogni si risveglia affiancata nel letto da un padre viscido e violento che la ammonisce con toni puritani e minacce di punizioni che contrastano con la sua non celata e incestuosa lascivia. Lo stesso padre che l’ha promessa in sposa al magnate locale, re di un impero della macellazione, nonostante sua figlia sia vegetariana e tendenzialmente interessata al gentil sesso. Almeno finchè non compare Tromeo.
Il nostro prode s’imbuca, come da secoli succede su palcoscenici e pellicole, alla festa dove conosce Juliet e tra i due immancabile scatta la scintilla. Segue la solita trafila di cugini morti ammazzati (ovviamente Troma style) dalla famiglia rivale fino ad arrivare alla scena del balcone, ma qui Juliet non è su un balcone bensì rinchiusa in punizione in un cubo di plexiglass, legata mani e piedi e (s)vestita di pochi cm di latex rosa shocking. Così “la mano appoggiata alla sua guancia” non è esattamente appoggiata ad una guancia e a maggior ragione Tromeo vorrebbe essere un guanto su quella mano per sfiorare le rotondità posteriori della sua amata…
Arriviamo al matrimonio segreto tra i due e i novelli sposini che trascorrono la breve e improvvisata luna di miele tra cinema a luci rosse (“Sodomia Freaks” recitano i cartelloni, giustamente i due si erudiscono per ottemperare al meglio ai doveri coniugali … ), sesso in luoghi pubblici e tatuaggi. Classiche scene da un matrimonio (quantomeno le scene censurate dei filmini casalinghi).
Seguendo il solito canovaccio Juliet va in cerca della sua pozione per sottrarsi al matrimonio combinato, e nel nostro caso si ritrova ovviamente dal fattone pusher di turno, che le rifila un intruglio di erbe. Una volta trangugiata la mistura, la nostra bella anziché addormentarsi come al solito, si tramuta in una specie di mucca zombie, che fa scappare a gambe levate il suo indesiderato promesso sposo ma non Tromeo, che come nelle migliori favole, con un bacio la libera dall’incantesimo facendola tornare al suo splendore. E i due vissero felici e contenti. Già, perché tra le interessanti variazioni sul tema made in Troma, abbiamo (a sorpresa) il lieto fine. O quasi …
Menzione d’onore a Steve Gibbons, in una fenomenale ed esilarante interpretazione del magnate autolesionista, promesso sposo di Juliet. Grandiosa mimica facciale, con un’espressività tale da farlo quasi accostare allo stile di Jim Carrey. A mio modesto parere, il personaggio meglio riuscito dell’intera pellicola.
Apprezzabili gli inserti di testo originale in inglese antico, mantenuti (con adattamenti qua e là) nelle scene topiche, i cui toni sono però sapientemente abbassati e ridicolizzati dai vari effetti sonori e dalle ambientazioni assurde. Chicca per i rockettari, che apprezzeranno anche la colonna sonora: Lemmy ci fa da voce narrante. Imperdibile fiera dell’assurdo, scene spassose a raffica e violenza gratuita ma senza pesantezza. Sconsigliato a chi ha l’abitudine di prendersi troppo sul serio.