IT – Andrés Muschietti
Ogni 27 anni nella cittadina di Derry (Maine) si consumano macabri rituali … una buona fetta della popolazione, soprattutto bambini, scompare senza una apparente ragione. I dispersi vengo dati per morti perché è quasi impossibile che un bambino possa resistere da solo troppo tempo senza il sostegno di un adulto.
Da questo incipit parte la storia che ha sconvolto quegli adolescenti ormai adulti che hanno letto l’omonimo libro di Stephen King, dal quale è tratto il film, ma anche tutti gli spettatori di quella imperfetta miniserie TV che, alla luce del tempo trascorso, è diventata fenomeno di vero e proprio culto. Si comincia con la sparizione del piccolo Georgie e con il senso di colpa che sconvolge la vita del fratello maggiore Bill, che avrebbe voluto o meglio avrebbe dovuto (secondo lui) essere con il fratello per impedirne la sparizione; per continuare con tutti gli altri bambini che compongono la banda dei perdenti, come Beverly, ragazza acqua e sapone ma con uno charme degno di una donna adulta, capace di ammaliare gli sguardi degli uomini più grandi di lei e catalizzare allo stesso modo tutte le malelingue e i pettegolezzi delle donne del paese.
C’è anche Ben che vorrebbe dichiarare il suo amore per Beverly, ma è troppo goffo e impacciato per dichiararsi e insicuro com’è del suo aspetto fisico non sa se potrebbe interessarle. Insomma, presi singolarmente, ognuno dei ragazzi costituisce un mondo a sé e si porta dentro un disagio quasi materiale, ma tutti hanno qualcosa in comune: sono persone dal cuore puro, difficilmente catalogabili in posizioni standard (e anonime) della società. Danno fastidio agli adulti perché ormai hanno perso quella purezza e innocenza, danno fastidio ai bulli che sfogano su di loro le loro frustrazioni, perché li vedono inermi e indifesi e, al contempo, diversi nell’accezione positiva del termine.
Tutte le nostre fobie, come quelle dei “losers”, si sintetizzano in un’unica nemesi universale, chiamata IT, che tra le molteplici forme in cui si può manifestare predilige quella di un clown danzante (interpretato magistralmente da Bill Skasgard).
Il primo duro confronto con la miniserie televisiva sta proprio nella scelta del protagonista che ha racchiuso in se perfettamente il delirio e il terrore adolescenziale rendendosi interprete di una maschera agghiacciante, non facendo per nulla rimpiangere l’interpretazione eccelsa di Tim Curry, che rimarrà comunque scolpita nella storia e negli incubi di ognuno di noi. Come per la miniserie TV anche questo film è stato diviso in due parti, seguendo una narrazione lineare divisa tra una prima parte che inquadra il gruppo dei perdenti da bambini e una seconda con loro adulti. Questo a differenza della miniserie dove vi era una doppia linea temporale (da adulti e da bambini), intrecciatata dal filo conduttore dei ricordi.
Così anche le nuove generazioni avranno il proprio film su Pennywise che tormenterà ampiamente i loro sonni. Hanno poco da dire i detrattori di questo film, siamo cresciuti e chi scrive adesso ha l’età giusta per contestualizzare entrambe le opere e, sebbene sarà sempre legato alla miniserie degli anni ’90, non può non riconoscere il valore di questo It, costruito anche guardando a tutto quello che è uscito al cinema da 27 anni a questa parte. E’ proprio così, It esce nelle sale cinematografiche esattamente 27 anni dopo l’uscita della miniserie televisiva.
Andrés Muschietti bilancia molto i toni, grazie a colori e stilemi marcatamente horror fusi con lo spirito di quella che fu l’opera dell’epoca e il relativo messaggio di fondo, basato su un disagio che, se condiviso in gruppo, può diventare meno asfissiante pur senza perdere la propria individualità.
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