SPIDERMAN: HOMECOMING – Jon Watts
Cosa contraddistingue un supereroe vero da uno fasullo, qual è la caratteristica che deve avere colui che sacrifica amore, amicizia, carriera per un ideale per uno scopo che praticamente lo ridurrà in solitudine tutta la vita, ma che gli permetterà di elevarsi sul più alto gradino della scala sociale? Sono il suo costume? Le sue abilità paranormali? Gli accessori che possiede?
No, sono il coraggio, l’umiltà, la tenacia e il rispetto del personaggio che si è scelto che non è solo una maschera ma un simbolo, una bandiera dietro cui celare tutti questi valori. E soprattutto si può raccontare le gesta di un supereroe senza necessariamente partire dalle sue origini? Lo hanno appena fatto nella Marvel Studio, riappropriatisi dei diritti su Spiderman hanno deciso di dargli un posto di tutto rispetto nel Marvel Cinematic Universe (MCU), in primo luogo dandogli un momento tutto suo in Captain America Civil War e poi realizzando (in accordo con la Sony che ne detiene sempre lo sfruttamento) un film dove egli è protagonista assoluto, stiamo parlando di Spiderman: homecoming. Ma l’Arrampicamuri ha bisogno di un mentore e chi meglio di Tony Stark può dargli una severa ma giusta lavata di capo quando decide di fare di testa sua?
Dopo Tobey Mc Guire e Andrew Garfield, Tom Holland è il terzo attore che incarna Spidey ed è bello costatare come ognuno di questi Spiderman ha interpretato benissimo non solo il ruolo de l’uomo ragno ma anche il periodo storico nel quale egli si muoveva. Si è passati dal nerd old school di Mc Guire al nerd 2.0 di Holland, passando per la versione romanticona di Garfield. Il Peter Parker di Holland è molto giovane ed intelligente, tanto che lo vediamo impegnato in gare di Fisica presso la scuola dove studia e la sua intelligenza non sembra un problema, se si esclude qualche punzecchiatura da parte di alcuni compagni di scuola un po’ bulletti. Per cui niente disagio sociale, niente problemi a parlare con le donne, sembra quasi che il suo unico problema sia quello di contenere la sua energia esplosiva e la carica di positività. Gli serve un po’ di strada, una palestra dura di vita che anche grazie all’intervento di Iron Man riesce ad ottenere.
Ma un vero eroe non è tale senza un nemico da combattere. Qui ci troviamo di fronte ad un’altra scelta azzeccata da parte della Marvel, quella di un mostro sacro come Micheal Keaton per incarnare divinamente Vulture (L’Avvoltoio), un villain facente parte della lower class. Egli è un umile operaio che, perdendo il posto di lavoro, decide di piazzare qualche colpo qua e là sfruttando i rimasugli di tecnologia aliena che dopo la battaglia con Ultron sono piovuti sulla Terra. Mettendo a a suo servizio tale tecnologia avanzata e fondendola con quella terrestre, insieme ad un manipolo altri operai squattrinati, riesce a piazzare sul mercato nero tale tecnologia che ovviamente viene sfruttata dalla microcriminalità locale. Spiderman riesce ad accorgersi di questi traffici illeciti e decide di agire di testa sua per sgominare questo sporco giro d’affari.
Il rate per questo ennesimo reboot di Spiderman è decisamente più fanciullesco rispetto ai predecessori e questo è forse il punto di forza e (contestualmente) anello debole della catena, in quanto può scontentare un pubblico più adulto ma nello stesso tempo ingolosire le fila di teenagers. Non credo che questo personaggio rimarrà orfano di tematiche più adulte e atmosfere più cupe, specialmente se pensiamo che nell’aria c’è la volontà della Sony di tirare in ballo villain come Venom & Carnage. Si intuisce, insomma, che c’è una volontà di creare un universo vero e proprio dedicato all’arrampicamuri dove ci sarà spazio per film più leggeri e altri più cruenti (i famosi Rate-R). Per il momento Spiderman: homecoming ha passato pienamente gli esami di scuola e si merita una bella fetta di importanza nell’universo MCU.
Tag:Marisa Tomei, Michael Keaton, Robert Downey Jr., spiderman 2017, spiderman reboot, SPIDERMAN: HOMECOMING, SPIDERMAN: HOMECOMING recensione, Tom Holland, Zendaya Coleman