TIRANNOSAURO – Paddy Considine
Hannah è una cristiana (apparentemente) devota, rinchiusa nel suo piccolo mondo entro cui vende abbigliamento non di prim’ordine e dove, specialmente, trova rifugio da un marito violento e isterico. Joseph, durante una delle tante fughe (da se stesso), si ritrova nel negozio della donna, in qualche modo attratto da quel cunicolo, in realtà sorpreso dal vedere un essere umano sorridergli, in un anfratto del mondo dove difficilmente si solleva lo sguardo dal lerciume del marciapiede.
Hannah trova in Joseph un bizzarro essere mitologico che la incuriosisce prima, attrae dopo, Joseph scopre in Hannah una semplicità che lo distrae dalla spirale di aggressività quotidiana, separandolo con una cortina di dolcezza. Ma non tutto può filare per il verso giusto, e l’errore si nasconde dietro l’angolo.
Tenerezza e brutalità, elementi all’opposto che sembra difficile visualizzare accostati l’uno di fianco all’altro. Ma Paddy Considine non cade nel tranello del percorso della redenzione, non trascina lo spettatore lungo una strada dove il buonismo illumina i muri lerci delle case, evita di giocare con la colonna sonora per destabilizzare anche gli animi più duri. Tirannosauro è una storia terribilmente semplice ma profondamente vera, tangibile, edificata intorno a persone che esistono, vivono, camminano di fianco a noi, che ignoriamo quotidianamente ma sappiamo averci sfiorato.
La sensibilità di una materia così densa, esplode e implode nella figura di Hannah (Olivia Colman), cucciolo così indifeso, vittima di angherie costanti e feroci da parte del marito James, ma al contempo capace di peregrinare verso un modo di reagire avulso e incontrollabile, se si vuole non dissimile da quello manifestato da Joseph (un perfetto Peter Mullan). Tirannosauro è film di sentimenti, ma non è un canto d’amore, è un film di stenti, ma non si focalizza sull’autocommiserazione, non è un documentario, ma fotografa una situazione di degrado puro; Tirannosauro è un film asimmetrico e per questo da elogiare: poggia le proprie basi su un humus marcio e resta in piedi con la forza di una realtà mai così pregna di sofferenza.