ALBERTO GENOVESE – intervista
Alberto Genovese è un autore che caparbiamente mette in scena lavori che strizzano l’occhio alle vecchie pellicole di serie Z, pescando a piene mani in tale calderone ma anche plasmando la materia che si ritrova tra le dita in maniera originale e personale. Lasciamo a lui la scena.
1. Innanzitutto utilizza alcune righe per presentarti, sia come autore che come persona (alle volte una è la nemesi dell’altra!).
Sono nato a Milano nel 1970, da sempre sono appassionato di cinema horror e sci-fi ma anche di musica, letteratura e fumetto. Ho iniziato sin da ragazzino a scrivere storie gotiche e ad illustrarle in alcune tavole. Poi quando arrivò in casa la prima telecamera nel 1988 fu una folgorazione e iniziai subito a fare cortometraggi amatoriali. Nel 1989 cominciai la realizzazione de “Il Dottor Ekkel” che doveva essere una specie di minisaga, ma riuscii a montarlo solo nel 2004 quando finalmente attrezzai il mio pc per il montaggio e l’editing video digitale. Il corto ebbe un buon successo, vinse il premio di Fantascienza a “Il Corto in genere” due anni dopo e fu inserito nel terzo volume de “La Fantascienza sugli schermi” di Giovanni Mongini, vero e proprio storico della sci-fi in Italia. Nella vita mi occupo di editoria, sono direttore responsabile di alcune riviste per la casa e saltuariamente collaboro per alcuni portali di cinema come recensore.
2. Con Pink Moon hai lavorato su un soggetto alquanto bizzarro (si trattano alieni, mostri terrestri e alieni che si trasformano in mostri! nda), immagino che l’amore per le pellicole di serie Z sia uno delle principali fonti di ispirazione. Nella vita reale, però, da dove raccogli spunti che innalzano il tuo desiderio di rendere weird i tuoi lavori?
Negli anni ho allenato il mio sguardo a trasmutare le forme della realtà quotidiana in qualcosa di più interessante, a volte capita di vedere in un oggetto in mezzo alla spazzatura un pezzo di astronave o roba simile o di immaginare l’interno di una lavatrice come centro comandi robotico. Tanto per dirne una, il pesce spaziale di “Fantagheiz from outer space” è composto da due radici di albero che trovai su una spiaggia in Corsica, assemblandoli trovai una forma particolare che diede vita al personaggio di Mistgruum.
3. Il lavoro svolto davanti al pc per ricreare astronavi e lande spaziali sicuramente avrà assorbito molto tempo, quali ulteriori evoluzioni a livello di computer graphic possiamo aspettarci dai prossimi lavori?
In realtà con Pink Moon ero agli esordi nel mondo della CG, direi che il prossimo progetto rivelerà una qualità grafica nettamente superiore anche se non aspiro a raggiungere vette di realismo impressionanti ma sono decisamente orientato verso una deriva pop, insomma mi piace fare film colorati, pazzi e pieni di cose strane. L’interazione con le mie radici trash è fondamentale ed è un aspetto del mio lavoro di cui non voglio privarmi.
4. La scena finale di Pink Moon in cui l’alieno ormai trasformato si fionda in città è meravigliosamente thrash, ti ispiri chiaramente a classici giapponesi come Godzilla o Gamera. Personalmente ho visto prima i Power Rangers dei classici prima citati, che ironicamente utilizzavano gli stessi trucchi quasi quarant’anni dopo; quale tra i monster-movies ti ha colpito (e ispirato) maggiormente?
Beh prima ancora dei Power Rangers c’erano Spectreman e Megaloman che sono in assoluto le serie Tv a cui mi sono ispirato per questa scena. Riguardo ai monster movie sono un patito dei Kaiju Eiga giapponesi anche se il primo Godzilla di Ishiro Honda è quello a cui sono legato maggiormente.
5. Tra gli autori indipendenti del cinema italiano (non necessariamente registi) chi apprezzi in modo particolare e perché?
Personalmente adoro e stimo moltissimo Alex Visani perché ha uno stile e un modo di comunicare l’horror veramente impressionante, trovo anche Vincenzo Bellini e la sua combriccola della IcarusFilm molto bizzarri e spassosissimi, ma il vero culto è Andrea Cataudella, regista siciliano che oggi vive in Francia, autore di corti e mediometraggi bellissimi, quasi tutti girati in Germania e purtroppo assolutamente sconosciuti (almeno in Italia).
6. Da sempre la Germania è stata un focolaio di registi splatter che col passare del tempo sono riusciti ad imporsi sul mercato (Andreas Schnaas, Olaf Ittenbach e altri), come mai in Italia non si è riusciti ancora a creare un movimento così dirompente?
Schnaas e Ittenbach devono ringraziare il grande Jörg Buttgereit che ha sdoganato l’horror amatoriale tedesco lanciando un nuovo linguaggio cinematografico underground con Nekromantik, un film che è stato anche una rivoluzione per l’horror di fine anni 80, insieme a Peter Jackson con il suo Bad Taste hanno contribuito a rilanciare il genere dal basso aprendo la strada a giovani autori. In Italia c’è molto fermento dal basso, manca però qualcuno che osi veramente, uno sdoganatore tricolore che porti al successo il nostro indie-cinema, le basi ci sono e i tempi sono maturi, staremo a vedere!
7. Parlaci dei tuoi prossimi lavori, e come pensi di distribuirli.
Il nuovo progetto è un lungometraggio dal titolo “L’invasione degli AstroNazi”, un film che unirà horror, sci-fi, thriller e commedia in un bel calderone weirdo, attualmente stiamo completando le riprese principali ma ci vorrà parecchio tempo prima di completarlo. Certo il budget è inesistente, si lavora nei weekend con mezzi di fortuna però gli attori sono tutti bravi e preparati e vado avanti con la consapevolezza che il film, per i temi trattati e per i linguaggi cinematografici utilizzati, stavolta lascerà il segno, anche perché finora in Italia nessuno ha mai fatto un film del genere. Per la distribuzione vedremo, sono orientato verso la diffusione via web ma non è escluso che possa trovare una sua collocazione anche nelle sale.
8. Grazie per la disponibilità, puoi lasciare un messaggio a tutti i lettori, adeguato al tenore delle tue pellicole!
Se qualcuno fosse in possesso di un esemplare di quegli splendidi robottini a cui si apriva il petto e uscivano i cannoncini laser mi contatti urgentemente!