THIS IS ENGLAND – Shane Meadows
Questa e la storia di Shaun (Thomas Toorgose): dodici anni, orrendi pantaloni che a scuola lo rendono facile preda dei bulli, un padre morto in guerra, occhi tristi e al contempo colmi di speranza, il cuore e l’animo imbottiti di mestizia, tanta solitudine e disadattamento sociale.
Inghilterra, 1983. Roland Rat, la Lady di ferro, Space Invaders, Supercar, la periferia, la scuola, i concerti punk-rock, il matrimonio reale di Carlo e Diana, le SAS e l’assedio dell’ambasciata iraniana a Londra, gli scontri con la polizia nelle strade inglesi, il cubo di Rubik, la BMX, la guerriglia urbana, le bandiere inglesi, la guerra nelle Isole Falkland (che gli argentini chiamano Malvinas) ed i suoi orrori, la recessione. Questa è la fotografia degli anni ottanta inglesi, immagine grigia e, al tempo stesso, multicolor, dal sapore agrodolce, con la colonna sonora “54-46 That’s My Number” del gruppo musicale giamaicano Toots & the Maytals del 1968 da sottofondo.
Shaun nei grigi sobborghi urbani incontra Woody (Joseph Gilgun) e la sua combriccola di skinheads, diventano subito amici. Il ragazzo ha bisogno di un amico, di un fratello maggiore, di una famiglia, di sentirsi accettato in un gruppo, di calore umano, di labbra da baciare e di sorrisi.
Affascinato dalla scoperta di una nuova realtà si lascia trasportare dalla loro scia: teste rigorosamente rasate; basette molte curate e di solito lunghe fino al mento; polo Fred Perry; blue jeans attillati e firmati Levi’s 501 oppure modelli a chiazze scoloriti con la varechina; bomber verde militare, tipico degli aviatori inglesi; camicie botton down Ben Sherman; bretelle ereditate dai rude boy giamaicani come imitazione dei gangster mafiosi dei film americani; anfibi rigorosamente Dr. Martens caratteristici della classe operaia britannica; tatuaggi tipici come il crocifisso, la rondine (emblema della libertà), ma anche semplicemente il nome della persona amata, ed infine la ragnatela tatuata sul gomito (che secondo una leggenda simboleggia il motto dei disoccupati inglesi “Ci cresceranno le ragnatele addosso”, secondo un’altra leggenda ad ogni giro di tela corrisponde un anno di carcere analogamente alle lacrime tatuate che rappresentano la conta degli omicidi commessi).
L’equilibrio si rompe con la comparsa di Combo, ex galeotto con il cuore infranto e tanta rabbia imbottigliata dentro come una bomba pronta ad esplodere alla prima scintilla. La frustrazione logora lentamente le loro vite, sono cani sciolti abbandonati a se stessi da una società troppo occupata a ricostruire le sue macerie, proprio come le famiglie che stentano a rimettere tutti in pezzi insieme. Una società troppo assente nella vita nei giovani che non sono considerati una risorsa per il Paese, bensì mine vaganti da disinnescare con l’imborghesimento e l’omologazione.
I nostri skinheads si oppongono con tutte le loro forze, alienazione e feste, amore e pestaggi, comprensione e tolleranza zero, una miscela esplosiva dagli effetti devastanti e al contempo rigeneranti, perché porta nuova linfa vitale in una terra bisognosa di una scossa.
This is England, vincitore del Premio Speciale della Giuria al Festival Internazionale del Film di Roma e di numerosi altri Premi internazionali, è stato prodotto nel 2006 dal regista britannico e indipendente Shane Meadows. Un film crudo e pulsante che, attraverso le vicissitudini dei suoi taglienti personaggi, ci mostra come la guerra dei potenti si confonde con la guerra quotidiana che i giovani inglesi combattono per sopravvivere in un Paese dilaniato dalla guerra e dal razzismo, dove tutto è in decadenza, un Paese allo sfascio con 3 milioni e mezzo di disoccupati. L’inevitabile collasso si respira nell’aria, investe tutti come una nube tossica che rende ogni cosa tetra e sterile.
This is England non è un film, è un pugno nello stomaco. Un gancio ben assestato che lascia il segno e scuote le menti inducendo a riflettere su una generazione segnata dal delirio di una politica allo sbando, perché qui i veri sbandati e fancazzisti non sono gli skinheads, anzi.
La frase del film: “Lenny: Alcuni dicono che siamo razzisti. Non siamo razzisti. Siamo realisti. Alcuni ci chiamano nazisti. Non siamo nazisti? No. Siamo nazionalisti e c’è una ragione se la gente cerca di classificarci così. E questo a causa di una parola, signori: Paura”