PANDORUM – Christian Alvart
Manuale per realizzare un film fanta-horror di successo in cinque mosse: la prima, infila qualche sventurato, fresco di risveglio da ipersonno, su un’astronave. Poi, fai in modo che la suddetta astronave sia enorme ma con cunicoli angusti e bui come la notte dell’universo che la circonda.
Terzo, arricchisci gli interni con un gusto che farebbe impazzire (o ricorrere ad avvocati) il leggendario artista H. R. Giger. Quarto, scatena l’inferno. Con creature e minacce implacabili, possibilmente progenie dello spazio profondo: è qui che dovrai giocarti la carta dell’originalità, perché inventarsi un simil-Alien sarebbe come giocare col fuoco. Quinta ed ultima regola, realizza un finale suggestivo, inatteso e liberatorio, che riporti la missione interplanetaria ad una dimensione più terrena e protetta, grazie agli sforzi della compagine. Il futuro va salvato anche stavolta.
Pandorum, co-produzione tra Germania e Stati Uniti, segue il manuale alla lettera, ma lo fa così bene che sembra abbia inventato molte delle (belle) cose che, in realtà, mutua da classici più o meno datati del genere.
Il luogotenente Payton (Dennis Quaid, Frequency, The Day After Tomorrow) e il caporale Bower (Ben Foster, 30 Giorni Di Buio, Quel Treno Per Yuma) si risvegliano sull’Elysium, una sconfinata ed apparentemente deserta nave spaziale. Non ricordano quale sia la missione, non sanno di essere in pericolo. Presto delle letali creature, simili a degli orripilanti cavernicoli, compariranno fra gli oscuri corridoi. Nella cornice di un cupo futuro in cui la Terra è sovrappopolata e in esaurimento di risorse, l’equipaggio superstite dell’Elysium dovrà cercare di sopravvivere fino ai titoli di coda, mettendo insieme i tasselli della spedizione.
Passato in vergognosa sordina durante il fulmineo passaggio nelle nostre sale, questo piccolo gioiello di fantascienza diretto con stupefacente maturità da Christian Alvart (Case 39) andrebbe recuperato per parecchi motivi. Era da Punto Di Non Ritorno (1997) di Paul W.S. Anderson che non si vedeva un incubo spaziale così teso e visionario; Anderson, tanto per chiudere il cerchio, è produttore di Pandorum.
L’evidente “tributo” all’Alien di Scott (e il suo oceanico lascito in termini di stile ed atmosfera) viene perdonato in virtù della solidissima sceneggiatura ed un favoloso doppio binario narrativo che segue nell’azione Bower, con la faccia spigolosa di un memorabile Ben Foster, alternandolo alle vicende più “psicologiche” ed ambigue di Payton, alle prese con una misteriosa “sindrome di Pandorum”, che sembra aver colpito in precedenza molti passeggeri della nave. È questo il momento più inquietante della pellicola, in un gioco di reciproche seduzioni e fobie che intrecceranno la trama.
Vi fosse rimasto un po’ di fiato, verrà spazzato via dalle creature, sudice e rabbiose che, come schegge impazzite rilasciate nei convulsi angoli dell’Elysium, braccano i protagonisti in una primordiale (seppur futuristica) caccia. Il finale, twistone in puro stile Shyamalan, piaccia o meno, ribalta le congetture. Eppure mantiene una coerenza con le quasi due ore che lo precedono. Due ore di sci-fi come (quasi) non si osa più farne, più una bella ricarica di paura vera. Quindi bravo signor Alvart, un’applicazione del Manuale del Fantahorror così cazzuta non si vedeva da tempo.