LA MALEDIZIONE DI ELMER – Frank Henenlotter
Ultimo tra i figli di quella cupa follia horror che ha invaso felicemente tutti gli anni ’80, Brain Damage rivela tutto l’acido malato che il genio di Frank Henenlotter cerca di iniettare sul pubblico attraverso una pellicola che appare quasi fatta in casa, tra poche location di cui molte ottenute tra interni domestici e cortili maleodoranti.
Già autore di un altro capolavoro horror indipendente quale il chiaccheratissimo Basket Case, Henenlotter mescola sapientemente il dramma della tossicodipendenza con la mutazione della carne del primo David Cronenberg (Shivers e Rabid per intenderci). Assistiamo alle sofferte vicende di Brian (evidente il gioco di parole con il titolo) un bravo ragazzo, interpretato da Rick Hearst, che convive con il fratello Mike (Gordon MacDonald) ed è fidanzato con Barbara (Jennifer Lowry).
Tutto sembra andare nel modo migliore finché gli anziani vicini d’appartamento non si vanno a perdere l’animaletto da compagnia. Niente di strano, direte, tranne che il grazioso cucciolo è un viscido vermone con la testa a fungo (ok, ok, so che lo state già pensando ma i riferimenti fallici saranno anche più accentuati nelle scene successive) che si insinua dietro il collo di Brian, iniettandogli un potente allucinogeno che renderà il ragazzo schiavo della sua droga lisergica. Il prezzo da pagare per questo anomalo pusher è molto alto: Brian si trova costretto a diventare un serial killer per procurare al mostruoso verme, chiamato Elmer, cervelli umani sempre freschi.
Il riferimento fallico esplode in tutto il suo fulgore quando una prostituta, accingendosi a fare un blow-job a Brian si trova in bocca il buon Elmer, pronto a divorarne i neuroni. In questo degenere la sua fidanzata nota un comportamento anomalo ma non trova niente di meglio da fare che scoparsi il fratello, per sedare la tristezza data dalla trascuratezza di Brian. Inutile dire che il finale sarà catartico.
Una trama alquanto originale e una pochezza di mezzi ottimamente coperta da un’eccellente fotografia, fanno di Brain Damage un esaltante esempio di come si possano dirigere lavori indie senza spendere molto, purchè si abbiano delle idee, specialmente se così malate, da esprimere con la dovuta dose d’ironia.