ULTIMATUM ALLA TERRA – Robert Wise
Klaatu sbarca con il suo robot, Gort, a Washington. La gente e i militari circondano il disco e, pur non avendo manifestato alcuna azione ostile, Klaatu viene colpito, scomparendo di fronte alla folla e mescolandosi tra gli umani, sotto le mentite spoglie di un cittadino di nome Carpenter. Lo studio dell’umanità ha inizio.
Celebre per la frase «Klaatu, Barada, Nikto!», ironicamente ripresa da Sam Raimi ne L’armata delle tenebre, Ultimatum alla terra (The day the earth stood still) rappresenta uno dei titoli maggiori della filmografia fantascientifica degli anni ’50, in quanto raccoglie diversi elementi che verranno via via presentati nei film a venire (l’arrivo dell’alieno, il suo mescolarsi alla gente comune, l’analisi dei comportamenti umani visti dal “diverso”, il robot difensivo/offensivo, la stupidità dei militari e il messaggio finale) con uno stile registico, di Robert Wise, pulito e posato.
Ultimatum alla terra lancia uno sguardo sulla situazione del periodo attraverso gli occhi pacati del signor Carpenter e con il filtraggio del piccolo Bobby, descrivendo senza parole ma con le sole immagini un momento storico devastato dalla paura dell’altro, dall’impossibilità di ragionare senza premere il grilletto, dalla difficoltà di accettare e dalla stretta di un paese in un abbraccio che stritola le paure dei propri cittadini per riversarle contro un fronte comune. Storico anche Gort, robot che influenzerà l’immaginario collettivo, con il suo essere apparentemente privo di spigoli, “pacato” come il suo padrone, ma al contempo letale.
Un film essenziale e lineare, specialmente in confronto ad altri titoli ben più spettacolari e roboanti che affolleranno la sci-fi dell’epoca, contenente un messaggio forte e deciso, un non-happy ending dalle sottese nefaste conseguenze dato che, come sappiamo, gli umani non hanno imparato.