MONSIEUR LAZHAR – Philippe Falardeau
Bashir Lazhar è un insegnante molto particolare. Arrivato a Toronto, si presenta nell’ufficio della preside di una scuola elementare appena colpita da una grave tragedia: infatti l’ex collega che Lazhar dovrà sostituire, Martine, è morta suicida nell’aula scolastica, con una corda al collo, rinvenuta da uno degli alunni.
Una psicologa incontra la classe periodicamente per aiutare i piccoli ad elaborare il lutto. Certo è difficile capire la logica di un simile gesto ad un’età così tenera. Lazhar, algerino, non è un maestro moderno, non segue ortodossamente le regole dei recenti manuali di pedagodia. Il proprio nome, scritto di suo pugno su una lavagna nera, ha una calligrafia che insinua il dubbio di una mano non avvezza ai movimenti della scrittura. A dir la verità non sembra nemmeno un vero maestro, gli mancano (apparentemente) empatia e calore umano, con quel modo di comunicare un po’ aggressivo, e gli ‘scappellotti’ che ogni tanto volano in classe.
In definitiva, è decisamente diverso dagli insegnanti che lo circondano, a loro volta ingrigliati dai nuovi precetti educativi. Genitori e colleghi lo seguono a fatica. La sola persona che sembra confortarlo è l’insegnante di educazione fisica, al quale è impedito perfino di aiutare i ragazzi nel salto della cavallina, dal momento che le nuove norme impediscono qualunque contatto fisico. I bambini dunque sono una merce sacra. Non vanno toccati, né fisicamente né spiritualmente. Certo è difficile proteggerli dal dramma che è loro precipitato addosso senza nemmeno sfiorarli. Il suicidio è l’annichilimento della ragione, va contro la natura delle cose. Tutti gli adulti intorno agli alunni cercano di ignorarne la violenza, cancellarne il ricordo. Il preside fa ridipingere l’aula di azzurro, i genitori protestano quando Lazhar prova ad affrontare il discorso in classe. Eppure, scopriremo che solo attraverso la parola non decantata ma come mezzo di scontro, i bambini potranno superare il trauma. E soltanto attraverso il trauma si può crescere e diventare adulti.
Il sistema, nel tentativo di proteggere i suoi cuccioli, evita loro il contatto con la vita, come se volesse conservarli in un inviolabile stato di innocenza. Ma anche i bambini feriscono, violentano gli adulti. Come Simon, dal carattere problematico, divorato dal senso di colpa del dubbio di aver causato, con la calunnia, la morte della propria insegnante. E aleggia l’incertezza che possa davvero essere stata la miccia che ha poi provocato il crollo psicologico della maestra. Siamo tutti carnefici, bambini inclusi.
Si scoprirà qualcosa in più di Monsieur Lazhar, emigrato dall’Algeria, sposato con un insegnante elementare che non vedremo mai, perché morta in patria in un incendio, insieme ai suoi figli. Capiremo il perché di quell’atteggiamento così distante dal resto dei colleghi, eppure l’unico capace di risolvere il conflitto di Simon e scardinare il lutto nei cuori dei pargoli. Senza drammi eccessivi, senza compiacere il dolore, semplicemente facendo capire ai ragazzi che bisogna comprendere e accettare la vita. Scontri, graffi, dolori inflitti, tutti volenti e non, causiamo dolore. La vita, è questa. Stupenda la figura di Lazhar che, nonostante abbia perduto tutto, la famiglia e la patria, si aggrappa con fiducia al mondo per vedere un’altra vita, sognare un nuovo futuro.