17 A MEZZANOTTE – Registi Vari
La Demented Gore Production cela il nome di Davide Pesca, mente e braccio (e il caso di dirlo) di una serie di corto-mediometraggi splatter dalla forte vena sperimentale, che hanno invaso il web, i festival ed i portali dedicati sino ad oggi, momento in cui il minutaggio incrementa a quasi 2 ore e il singolo diviene collettivo.
Diciassette movimenti delle lancette, diciassette scatti, diciassette frangenti in cui incanalare le proprie paure, diciassette minuti per chiudere la giornata, diciassette cortometraggi: 17 a Mezzanotte. Dopo una breve introduzione (che sarà anche epilogo), si iniziano le danze con Il ritorno di Elena di Daniele Misischia che, solitamente avvezzo ad altre atmosfere, si ritrova tra le mani un thriller ad alto tasso di tensione che riesce nei momenti non soprannaturali, perdendo verve in questi ultimi. Ottimo il protagonista Rimi Beqiri. Si prosegue con Peep show di Davide Pesca, un cortometraggio imbastardito (come sempre) dall’ostentazione degli effetti speciali gore, così amati dal regista. Tuttavia non è solo violenza masturbatoria, ma anche sguardo oltre lo specchio, voyeurismo spinto agli estremi, oltre la pelle …
Il terzo episodio è Venia Mortis, uno degli episodi più deboli del lotto a causa di una storia banale e scontata, una cgi poco convincente e di una difficile empatia con il protagonista. La discesa nei sogni irrequieti del protagonista, tra demoni e buio eterno, poco attraggono, lasciando fallire il progetto di Francesco Longo. Altri toni sono quelli tratteggiati da Roberto Albanesi e Simone Chiesa con Signori, buonanotte!, un autoironico balzo (sulla tazza del water) di un uomo, costretto a guardare a ritroso i propri fallimenti, con in mano una pistola. Divertente, rapido, preciso e maledettamente incisivo; si candida ad episodio migliore di 17 a mezzanotte. Medesimo spirito goliardico con West ‘n’ zombi di Giorgio Credaro, bizzarra “creatura” più volte presente tra le pagine di Through the Black Hole, totalmente invasato da uno spirito trash che lo porta a far risorgere stregoni, disegnare un medioman come Johnny Bullet e creando un contesto western (nel giardino di casa sua) totalmente improbabile. In altre parole, assolutamente promosso.
Ritornano le atmosfere horror gotiche con Vincenzo Bellini ed il suo La mano di Dio, centrato sulla figura di una sorta di monaco. convinto che la donna incarni il male nel mondo, che si trova tra le mani proprio una donna rimasta a piedi, causa macchina in panne. Le atmosfere e la location divengono elementi cardine del regista che, tuttavia, perde qualche punto a causa di una recitazione ai limiti della sufficienza ed un elevato uso della computer grafica. Tuttavia Bellini riesce a convincere senza strafare. Il settimo episodio è il gore Tomie again di Paolo Del Fiol, richiamo all’omonimo manga giapponese di Junji Ito, caratterizzato da uno humor nero che avrebbe avuto maggiore effetto con effetti prostetici e non digitali. Si sarebbe potuto fare di più, occasione sprecata. La malaradis di Chiara Moser narra di una pianta “vampiro”, nutrita da un contadino senza scrupoli, attraverso l’ormai abusato found-footage. Derivativo nella trama ma efficace nei risultati, a dimostrazione che il genere ha ancora qualcosa da dire.
Edo Tagliavini racconta con una storia semplice la follia di un uomo bloccato sul letto di un ospedale, convinto di sentire un pianto di un bambino che nessun altro sembra udire. Pianto, pianto e ancora pianto, spingono l’uomo a fare di tutto per scoprirne l’origine. Assuefazione è un riuscito guizzo di follia che non mancherà di stupire per il gelido e sarcastico finale. Corri puttana di Davide Cancila, purtroppo, fa acqua da tutte le parti, interpretazione in primis, finendo per far risultare noioso il loop subito dal protagonista. Tunnel di Alex Visani risolleva nuovamente il livello, grazie ad un esperimento (per lo stile del regista) che, con pochissimi mezzi, riesce a far centro. Una storia malinconica totalmente centrata sulle paure e sofferenze del protagonista, in grado di reggere gli sprazzi di storia da solo, in un crescendo di malessere evidenziato da una notte ripresa in bianco e nero. Continua la sperimentazione con l’asettico Il fiore di Giacomo Gabrielli, spaventoso paradosso visivo che vede un uomo in crisi sentimentale finire in malia e “diventare” una sorta di girasole. La trama sembra banale così letta, il risultato non lesina particolari e costituisce uno dei titoli migliori della raccolta.
Titolo gemello del precedente Tutto il bene del mondo, con Tutto il male del mondo il regista genovese Davide Scovazzo, inquadra tra le vie della propria città un’assassina scatenata, implacabile, capace e desiderosa di infliggere quanto più dolore possibile, tra gole squarciate e occhi inforchettati. La città diviene reale protagonista, le bislacchi figure che la vivono comprimari, la desolazione data da pioggia e vento elementi di disturbo. Eccellente e provocatorio. Finché morte non ci separi spezza la linea sperimentale sin qui creata e torna ad atmosfere da thriller venato da momenti macabri, tramite la storia di due fratelli imbalsamatori. Ben realizzati gli effetti speciali, per un episodio godibile. Video nasty di Federico Tadolini si butta sul gore sospinto, dove la trama è un mero pretesto per mostrare ogni tipo di efferatezza. Malsano quanto basta ma realizzato in eccessiva povertà, e si vede.
Il sedicesimo episodio, Through your lips, riprende tematiche più sperimentali tra le mani di Federico Scargiali, qui alla prova con temi cronenberghiani. Siamo di fronte all’episodio migliore di 17 a mezzanotte, non solo grazie alla trama intrigante ed alla buona prova del cast, ma anche grazie ad una realizzazione tecnica efficace, professionale e originale che trova culmine nella sorta di frutto della passione dalla forma vaginale. Da vedere senza pregiudizi. Chiude il cerchio Il gioco di Andrea Malkavian, sicuramente un lavoro sufficiente che, tuttavia, subisce la pressione del precedente episodio, sgonfiando l’intento ultra-terreno e la verve asettica della messa in scena.
Come in (quasi?) tutti i film ad episodi, in 17 a mezzanotte si notifica una mancanza di registro comune capace di donare omogeneità formale, al di là dei contenuti, vivendo di episodi densi e ricolmi di emozioni ed altri dal basso appeal. Encomiabile lo sforzo di Davide Pesca, in grado comunque di presentare una vetrina con cui farsi notare.
Ricorda sempre che solo perché il film non ti è piaciuto, non significa che sia un brutto film. Un bravo critico aiuterà chi legge a capire se il film possa piacere a loro, e dato che i tuoi gusti saranno diversi da quelli di un altro, dovrai essere in grado di dire alle persone se loro potrebbero trovare il film piacevole, anche se a te non è piaciuto.
Considerando che alcuni registi hanno anche scritto in privato, è abbastanza semplice immaginare chi abbia scritto questo commento senza nome…comunque, l’intento delle singole recensioni flash è invogliare il lettore a tuffarsi nella visione, confrontandosi con opinioni altrui, attività alquanto difficoltosa basandosi sull’asettico commento del gentile lettore